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FAQ

 FAQ - RICETTA "BIANCA" DEMATERIALIZZATA DAL 2025

L'articolo 1, comma 317, della L. 207/2024 intitolata "“Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”, stabilisce che “Al fine di potenziare il monitoraggio dell'appropriatezza prescrittiva nonché garantire la completa alimentazione del fascicolo sanitario elettronico, tutte le prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale, dei servizi territoriali per l'assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell'aviazione civile (SASN) e dei cittadini sono effettuate nel formato elettronico di cui al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 novembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 12 novembre 2011, e al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2021.

La normativa, quindi, in vigore dal 1° gennaio 2025, estende la dematerializzazione della prescrizione a quelle finora rilasciate in formato cartaceo, ossia le c.d. “ricette bianche” per farmacia carico del cittadino.

Sebbene la ricetta bianca digitale sia già in uso dal 2022, tramite il portale SISTEMA TS, gestito dal Ministero dell'Economia dal 2022 tramite il portale SISTEMA TS, gestito dal Ministero dell'Economia, finora era facoltativa. (per approfondimenti Sistema TS - Ricetta Bianco Dematerializzata). Con l’entrata in vigore della nuova legge, invece, la ricetta bianca diventa obbligatoriamente elettronica.

Questa novità riguarda principalmente i medici e gli odontoiatri liberi professionisti, che solitamente rilasciano ricette bianche per farmaci a carico del cittadino, ma anche i medici dipendenti o convenzionati con il SSN per la prescrizione dei farmaci in fascia C, non a carico del SSN.

Per emettere la ricetta digitale, i medici/odontoiatri dovranno accedere al portale SISTEMA TS, seguendo le specifiche tecniche fornite sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ove al punto 4.1.2. del documento sono elencate anche le tipologie di ricette prescrivibili (Specifiche per la compilazione della ricetta).

I medici che utilizzano software gestionali per le prescrizioni dovranno verificare con il fornitore del software l'adeguamento necessario per il rilascio delle ricette bianche in formato elettronico.

Tutti i medici/odontoiatri, sia quelli del SSN (attraverso la carta operatore) che liberi professionisti (con le credenziali rilasciate dall'Ordine dei Medici), potranno accedere al portale SISTEMA TS per emettere la ricetta digitale.

A causa delle difficoltà legate al passaggio dal cartaceo al digitale, la Regione Lombardia ha diramato una circolare (Protocollo G1.2025.0000242) che autorizza le farmacie a continuare a dispensare farmaci anche in presenza di prescrizioni cartacee (sia a carico del SSN/SSR che non SSN), garantendo così la continuità del servizio farmaceutico. Anche l'associazione FEDERFARMA, con una circolare ai propri iscritti, ha confermato che la ricetta cartacea resterà valida durante il periodo di transizione, in attesa di istruzioni operative da parte degli enti competenti, quali il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Sogei, Ministero della Salute e Agenzia Italiana del Farmaco
(AIFA).

LA FNOMCeO, con Comunicazione n. 6/2025, ha fornito delle prime indicazioni, prevalentemente normative, sulla ricetta dematerializzata.

Per completezza, si include anche l'articolo sull'argomento pubblicato da “Quotidiano Sanità”.

In attesa di aggiornamenti ufficiali, si consiglia ai medici e odontoiatri di consultare i documenti specificati per familiarizzare con la “nuova” procedura e a consultare il sito dell’Ordine per restare aggiornati sugli sviluppi futuri.

 FAQ - SEGRETO PROFESSIONALE

Il medico è obbligato a mantenere il segreto professionale?

Dal punto di vista deontologico, l’art. 10 del vigente Codice di Deontologia Medica, rubricato “Segreto professionale”, impone al medico di “(…) mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale” aggiungendo che “La violazione del segreto professionale assume maggiore gravità quando ne possa derivare profitto proprio o altri, ovvero nocumento per la persona assistita o per altri. La rivelazione è ammessa esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista dall’ordinamento o dall’adempimento di un obbligo di legge. Il medico non deve rendere all’Autorità competente in materia di giustizia e di sicurezza testimonianza su fatti e circostanze inerenti il segreto professionale (…)”. Il successivo art. 11, dedicato alla “Riservatezza dei sati personali” specifica al primo comma che: “Il medico acquisisce la titolarità del trattamento dei dati personali previo consenso informato dell’assistito o del suo rappresentante legale ed è tenuto al rispetto della riservatezza, in particolare dei dati inerenti alla salute e alla vita sessuale (…)”. Si aggiunga che, con riferimento al trattamento dei dati sensibili, disciplinato dall’ulteriore art. 12 il sanitario “(…) può trattare i dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute della persona solo con il consenso informato della stessa o del suo rappresentante legale e nelle specifiche condizioni previste dall’ordinamento”. E dunque, in materia di “violazione del segreto professionale” di cui al disposto dell’art. 622 c.p. e di quanto sancito all’art. 10 del vigente Codice di Deontologia Medica “La rivelazione è ammessa esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista dall’ordinamento o dall’adempimento di un obbligo di legge”. Il medico ha la facoltà (e non l’obbligo) di deporre su fatti conosciuti per ragione della propria professione, con la sola eccezione dei casi in cui denuncia e referto sono obbligatori (art. 200 c.p.p..). Pertanto, il medico che rifiuti di riferire notizie opponendo il segreto professionale non viola alcuna disposizione normativa, fermo restando il potere dell’Autorità giudiziaria di sequestrare atti e documenti.

Il medico è il titolare del trattamento dei dati del paziente?

L’art. 4, n. 7 del GDPR individua il “titolare del trattamento” nella “persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali”. Come sottolineato a livello europeo dall’EDPB nelle “Linee Guida sul concetto di titolare e di responsabile del trattamento”, licenziate nel settembre del 2020, elemento dirimente ai fini dell’individuazione del “titolare del trattamento” è la possibilità di attribuire al soggetto l’esercizio di un potere decisionale e di un controllo in merito all’insieme dei dati personali nella sua disponibilità. Nessun dubbio, conseguentemente, sul fatto che tale qualifica giuridica sia propria del medico nella disponibilità dei dati personali afferenti allo stato di salute del paziente per finalità di cura dello stesso soggetto (nel rispetto, pertanto, del richiamato disposto dell’art. 11 del Codice di Deontologia Medica vigente).

Qual è la disciplina che regola il trattamento dei dati del paziente e richieste di documentazione e informazioni ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali?

In merito occorre verificare la conformità ai parametri, ai requisiti ed alle condizioni di cui alla Direttiva 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, coeva del GDPR, “relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio”. Tale fonte normativa contiene una disciplina specifica, rispetto a quella del Regolamento, in riferimento alla protezione dei dati nell’esercizio dell’attività giudiziaria penale e di polizia. Suddetta disciplina specifica è contenuta in una fonte giuridica di armonizzazione (Direttiva), e non di diretta unificazione (quale invece è il Regolamento), in ragione sia delle caratteristiche peculiari della materia che, soprattutto, delle insuperabili diversità esistenti fra i sistemi processuali degli Stati membri. La distinzione dell’ambito applicativo tra GDPR e Direttiva 2016/680 si fonda su un elemento soggettivo (svolgimento del trattamento da parte di autorità nazionali competenti nelle materie individuate) e su uno teleologico-funzionale (perseguimento di fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica). La concorrente applicazione dei due strumenti normativi indicati distingue, nella sostanza, la medesima disciplina dei trattamenti svolti per fini di giustizia in due sotto-sistemi: l’attività giudiziaria in sede penale è soggetta (al pari dell’attività di polizia in senso stretto e all’attività giurisdizionale connessa all’applicazione di misure di sicurezza e prevenzione, correlata comunque alla prevenzione di reati) alla Direttiva 2016/680, recepita nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 18 maggio 2018, n. 51; di contro, l’attività giudiziaria svolta da ogni altra giurisdizione (anche dalla stessa autorità giudiziaria ordinaria, ma in sede civile) è attratta nell’ambito applicativo del GDPR, con ciò che ne consegue in termini di diversa puntualità e estensione degli obblighi del titolare, nonché di minore margine di flessibilità per la disciplina nazionale. Pertanto, i dati sullo stato di salute di un paziente richiesti dalla autorità giudiziaria al medico sono sussumibili all’interno della categoria dei dati personali particolari (di cui al disposto dell’art. 9 GDPR, ex “dati sensibili”), e l’art. 7 del D. Lgs. 18 maggio 2018, n. 51, ivi applicabile, dispone, sotto la rubrica “Trattamento di categorie particolari di dati personali”: “Il trattamento di dati di cui all'articolo 9 del regolamento UE è autorizzato solo se strettamente necessario e assistito da garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato e specificamente previsto dal diritto dell'Unione europea o da legge o, nei casi previsti dalla legge, da regolamento, ovvero, ferme le garanzie dei diritti e delle libertà, se necessario per salvaguardare un interesse vitale dell'interessato o di un'altra persona fisica o se ha ad oggetto dati resi manifestamente pubblici dall'interessato.” Orbene, l’eventuale comunicazione all’autorità giudiziaria dei dati personali afferenti al paziente da parte del medico appare legittima sulla base dell’art. 9 del GDPR, oltre che lecita in quanto non adottata in violazione del disposto dell’art. 622 c.p., esclusivamente a seguito di un provvedimento dell’autorità giudiziaria congruamente motivato.

 FAQ - ZTL

Quanto costa il permesso d’accesso per i medici che hanno uno studio all’interno della Z.T.L.?

L’importo totale da versare (comprensivo dell’imposta di bollo di 16 euro sulla richiesta), dipende dalla potenza fiscale del veicolo (misurata in CV fiscali, variabili a seconda dei cm cubi del motore) e dalla tipologia di alimentazione della vettura.La tariffa base fino a 19 CV fiscali è di 282 euro (benzina e gasolio) e di 234,50 (gpl, metano, ibrido e elettrico-bimodale); c’è un aumento del 20% per le vetture con una potenza fiscale dai 20 CV fiscali ai 23 CV fiscali e del 40% per le vetture con una potenza superiore ai 24 CV fiscali 

Cosa devono fare i medici che devono assistere una paziente residente nella Z.T.L.?

La DGC 856/2000 prevede la possibilità di accedere liberamente e gratuitamente alle ZTL di Roma per medici in occasione di particolari esigenze temporanee connesse all'espletamento delle proprie funzioni. Per richiedere l'autorizzazione all'accesso, è necessario:

ONLINE: effettuare la registrazione allo sportello online e ottenere immediatamente il contrassegno cartaceo, da esporre durante la circolazione. Per registrarsi allo sportello consultare il link https://bit.ly/2Ns5SmB.

TELEFONICAMENTE: chiamando il numero dedicato 06.57003

 FAQ - Tipologie di Studio (Lazio)

Qual è la definizione di studio singolo? 

Lo studio è la sede di espletamento dell’attività del professionista il quale la esercita personalmente in regime di autonomia. Lo studio non ha rilevanza giuridica autonoma e, in quanto strettamente collegato al professionista, cessa di avere efficacia al cessare dell’attività del professionista stesso. Nello studio professionale è, infatti, prevalente la componente di professione intellettuale, per esercitare la quale è unicamente necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.Tale inscindibilità tra la sede e il professionista è confermata dal successivo articolo 2232 del Codice civile, il quale sancisce che “ Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione”. Pertanto, il mero consulto effettuato all’interno dello studio o l’avvalimento da parte del professionista di collaboratori o consulenti finalizzati alla medesima prestazione, ed effettuati sotto la diretta responsabilità del professionista, non implicano complessità dell’organizzazione ed il conseguente assoggettamento al regime dell’autorizzazione.

(Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.)

Qual è la definizione di studio associato? 

Lo studio associato è del tutto assimilabile allo studio singolo in quanto la responsabilità professionale rimane in capo al singolo professionista. L’attività espletata nello studio associato può riguardare quella dei medici chirurghi e odontoiatri, specialisti e non. L'associazione, infatti, regolamentata in base ad accordi negoziali interni tra i professionisti, è lo strumento di cui gli stessi si avvalgono per condividere gli oneri connessi alla relativa gestione, quali le spese di locazione dell’immobile, le spese condominiali, di energia elettrica e acqua, di manutenzione, per l’acquisto delle apparecchiature o del materiale di consumo, ecc. Nello studio associato ogni professionista deve disporre in forma esclusiva di propri locali espressamente destinati all’esercizio dell’attività espletata. Pertanto, i medesimi locali non possono essere utilizzati da altri professionisti per l’esercizio di altra attività medica. Ne consegue che nello studio associato l’ampliamento funzionale, ovvero, l’ampliamento delle branche mediche specialistiche si realizza con l’ingresso nell’associazione professionale di un ulteriore associato per l’esercizio di attività specialistica uguale o diversa da quelle preesistenti svolta in propri locali distinti e separati da quelli degli altri associati.

(Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.)

Qual è la definizione di ambulatorio medico? 

L’ambulatorio medico è la sede dedicata all’esercizio di attività professionali sanitarie monospecialistiche da parte di soggetti abilitati dalla legge, tra quelle previste dall’ordinamento, soggetta a specifici requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi. L’ambulatorio assume valenza giuridica oggettiva rispetto al/ai professionista/i ivi operante/i.

(Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.)

Qual è la definizione di poliambulatorio medico? 

Il poliambulatorio medico è la sede dedicata all’espletamento contemporaneo di attività professionali sanitarie da parte di professionisti operanti in più discipline specialistiche (pluridisciplinare), soggetta a specifici requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi. Al pari dell’ambulatorio anche il poliambulatorio assume valenza giuridica oggettiva rispetto al/ai professionista/i ivi operante/i. Sia l’ambulatorio che il poliambulatorio si configurano quali imprese ai sensi degli artt. 2082 e segg. del Codice Civile e sono quindi caratterizzate da un’imputabilità giuridica propria, con la conseguenza di una netta e chiara separazione tra una responsabilità di tipo imprenditoriale (che fa capo all’imprenditore titolare del provvedimento di autorizzazione), una responsabilità di tipo tecnico-organizzativo (che fa capo al direttore sanitario) ed una responsabilità di ordine professionale, che fa capo all’esecutore della prestazione (il medico). In questo caso, l’avvicendamento dei medici lascia inalterata nel tempo l’impresa ed eventualmente anche la sua ragione sociale. Gli ambulatori e i poliambulatori sono presidi sanitari aperti al pubblico aventi individualità ed organizzazione propria ed autonoma, in cui sono erogate prestazioni a favore di tutti i pazienti richiedenti. Essi presentano le stesse caratteristiche di strutture più complesse nelle quali deve essere garantita la presenza di un direttore sanitario responsabile. Gli ambulatori e i poliambulatori sono strutture disciplinate dall’art. 4, comma 1, lettera a), della L.R. Lazio n. 4/2003 e, pertanto, sono comunque soggette ad autorizzazione all’esercizio.

(Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.)

Qual è la definizione di studi Polimedici? 

Si definiscono studi Polimedici gli studi nei quali più professionisti espletano la propria attività professionale nella medesima unità immobiliare, anche in discipline specialistiche diverse, in maniera totalmente autonoma e indipendente dagli altri. In questi casi, l’erogazione delle prestazioni di ciascuno - a parte la possibilità di condivisione della sala d’attesa, dell’accettazione e dei servizi igienici per gli utenti - non deve comportare la gestione e il coordinamento unitario delle prestazioni, delle attività sanitarie e professionali e dell’apparato amministrativo. In assenza delle caratteristiche sopra indicate, il locale dove il singolo professionista espleta la propria attività conserva la natura di studio. Si potranno costituire, pertanto, a titolo esemplificativo studi composti da: a) due o più studi di singoli; b) due o più studi di singoli e uno o più studi associati.

(Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.)

 FAQ - Tassa annuale d’iscrizione

Quanto è l’importo della tassa annuale?

Attualmente, la tassa annuale per l’iscrizione è pari ad:

  • € 180,00 per l’iscrizione ad un solo Albo (dettaglio importo richiesto: € 156,48 quota di competenza dell’Ordine e € 23,52 quota di competenza della FNOMCeO);
  • € 270,00 per l’iscrizione sia all'Albo dei Medici Chirurghi che all'Albo degli Odontoiatri (dettaglio importo richiesto: € 246,48 quota di competenza dell’Ordine e € 23,52 quota di competenza della FNOMCeO).

Come posso pagare la tassa annuale?

Esclusivamente tramite il sistema di riscossione PagoPA (non sono ammessi pagamenti in contanti, bollettini postali semplici compilati a mano o no pagoPA pagati online, bonifici bancari fuori nodo pagoPA), avendo a disposizione l’avviso di pagamento presente nell’area riservata del sito ed inviato dall’Ordine a mezzo PEC o per posta all’indirizzo dichiarato valido per l’inoltro della corrispondenza, esclusivamente a coloro i quali ancora non abbiano adempiuto all’obbligo di comunicazione del domicilio digitale (PEC).

Pagamento avvisi pagoPA tramite CANALI TELEMATICI:

- Sito web dell’Ordine www.ordinemediciroma.it, clicca sul pulsante con il logo PagoPA (presente in homepage, in alto a destra), oppure digita direttamente l’indirizzo web https://roma.ordinemedici.plugandpay.it e accederai al nodo centralizzato dei pagamenti verso lePP.AA. Seleziona, nella parte SERVIZI SENZA REGISTRAZIONE, AVVISO DA PAGARE PREDETERMINATO e inserisci il codice Avviso presente sull’Avviso di pagamento inviato e sempre reperibile anche nell’Area riservata, per cercare la tassa annuale. Verranno successivamente proposti vari strumenti di pagamento: carta di credito o debito sui principali circuiti (Visa, MasterCard, etc.), bonifico bancario utilizzando anche il circuitoMyBank, PayPal o SatisPay se si dispone di un relativo account o tramite i canali online di PosteItaliane.

Terminato il pagamento online la procedura rilascerà una ricevuta telematica (RT), riportante i dati della transazione eseguita;

- APP dell’Ordine A.M.O.ROMA (App Mio Ordine Roma), scaricabile sugli store Google ed Apple, che permette l’accesso alla pagina dei pagamenti plugandpay riservata all’Ordine;

- Propria home banking dove sono presenti i loghi CBILL o PagoPA (non tutti i circuiti bancari hanno al momento aderito al sistema PagoPA - Per verificare se la tua banca ha aderito puoi consultare https://www.cbill.it/avvisi-pagopa). Per eseguire il pagamento tramite la tua home banking dopo aver eseguito l’accesso, ricerca la sezione relativa ai pagamenti CBILL/PagoPA e avendo a disposizione l’Avviso di pagamento inviato, inserisci i dati in esso riportati, relativi al codice Azienda/CBILL (2Z653) oppure la denominazione attribuita all’Ordine in fase di censimento (ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI DELLA PROV DI ROMA), il codice Avviso e l’importo.

ATTENZIONE! A SECONDA DEL PSP UTILIZZATO LA RICERCA DELL’ENTE CREDITORE VIENE ESEGUITA IN MODO DIVERSO:

a) ATTRAVERSO IL CODICE AZIENDA/CBILL DAL CIRCUITO INTERBANCARIO che per all’Ordine è 2Z653;

b) OPPURE RIPORTANDO ESATTAMENTE LA DICITURA  ATTRIBUITA ALL’ORDINE IN FASE DI CENSIMENTO OSSIA:“ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI DELLA PROV DI ROMA”

APP IO scaricabile sugli store Google ed Apple, andando nella sezione Portafoglio, Paga un avviso, inquadrando il QR code presente sull’Avviso di pagamento inviato e sempre reperibile anche nell’Area riservata, o inserendo a mano i dati Codice Avviso e Codice Fiscale EnteCreditore, anch’essi presenti sull’Avviso di pagamento inviato e sempre reperibile anche nell’Area riservata.

Pagamento avvisi pagoPA tramite CANALI FISICI:

- Uffici Postali utilizzando il bollettino PA presente in calce all’avviso di pagamento.

ATTENZIONE: non è possibile effettuare il pagamento attraverso un bollettino in bianco postale no PagoPA compilato a mano o attraverso canali online diversi da quelli indicati inqueste FAQ. Non è possibile garantire la corretta riconciliazione contabile dei pagamenti che dovessero pervenire in queste modalità;

Mooney (ex Sisal/Banca5), Lottomatica abilitati che espongono il logo PagoPA.

Per ricercare i punti Mooney consultare il sito: https://www.mooney.it/servizi/pagamenti/multe-e-tributi/pagopa scegliendo dal menù a tendina la località ed il servizio interessati;

Banche e gli altri Prestatori di Servizi di pagamento (PSP) aderenti al PagoPA, tramite gli altri canali da questi messi a disposizione (come ad esempio: sportello fisico, ATM).Per verificare i servizi di pagamento posti a disposizione dai PSP (Prestatori di Servizi di Pagamento) aderenti consultare le pagine: https://www.pagopa.gov.it/it/prestatori-servizi-di-pagamento/elenco-PSP-attivi/https://www.pagopa.gov.it/it/dove-pagare/

Cosa succede se non pago la tassa annuale entro la scadenza indicata?

Le viene recapitato un sollecito di pagamento entro la fine dell'anno. L'importo dovuto in caso di invio del sollecito di pagamento è maggiorato delle spese amministrative pari al 10% dell'mporto della tassa da versare. In caso di reiterato mancato pagamento, anche dopo le attività amministrative previste per il recupero del credito, si attiveranno le procedure di cancellazione dall’Ordine per morosità, con conseguente impossibilità di esercitare la professione.

Il pagamento della tassa annuale è dovuto anche in caso di decesso del sanitario?

Sì, ad eccezione dei sanitari il cui decesso sia avvenuto entro il 31 gennaio dell’anno di riferimento della tassa posta a ruolo.

Il pagamento della tassa annuale è dovuto in caso di richiesta di cancellazione dall’albo in corso d’anno?

Si.

In caso di trasferimento ad un altro Ordine provinciale, a chi devo versare la tassa annuale?

In caso di cancellazione dall’Ordine: 

  • entro il mese di gennaio, la tassa è dovuta al nuovo Ordine;
  • dal mese di febbraio in poi, all’Ordine di provenienza.

Ho necessità di avere l'attestazione di avvenuto pagamento della tassa annuale.

Può essere richiesta tramite l’invio di una semplice e-mail all'indirizzo protocollo@pec.omceoroma.it.

 

Chi ha diritto alla riduzione della tassa annuale?

La riduzione della tassa annuale (www.ordinemediciroma.it, alla sez. Amministrazione Trasparente – Atti generali − Atti amministrativi generali) è prevista solo per:

- i neo laureati, iscritti e laureati da meno di tre anni e con reddito personale inferiore ad € 26.105,00. La riduzione in caso di presenza di ambedue i requisiti è del 50% della quota di competenza dell'Ordine e quindi, attualmente, l’importo della tassa annuale è pari ad € 101,76;

- gli ultra 75enni con reddito complessivo annuo lordo inferiore ad € 30.000,00. La riduzione della tassa è di € 30,00 della quota di competenza dell'Ordine.Pertanto, attualmente, la tassa annuale è pari ad € 150,00 se iscritti ad un solo Albo e € 240,00 se iscritti sia all'Albo dei Medici Chirurghi che all'Albo degli Odontoiatri.

 

Come posso ottenere la riduzione della tassa annuale prevista dal regolamento in materia (www.ordinemediciroma.it, alla sez. Amministrazione Trasparente - Atti generali)?

Per gli anni successivi al primo, avendo sempre i requisiti come da Regolamento la riduzione della tassa annuale deve essere eseguita entro e non oltre il 31/12 dell’anno antecedente a quello di riferimento della tassa alla quale si vuole ottenere la riduzione, accedendo alla propria Area riservata presente sul sito internet dell’Ordine o alla App A.M.O. Roma.

Non ho presentato la domanda di riduzione della tassa annuale entro la scadenza regolamentare del 31 dicembre (www.ordinemediciroma.it, alla sez. AmministrazioneTrasparente - Atti generali). Cosa posso fare?

Deve pagare l’importo della tassa intero, in quanto non è possibile acquisire domande presentate fuori termine.

Chi può chiedere l'esonero del pagamento della tassa?

Solo gli Iscritti che versino in grave stato di salute o invalidità (anche temporanea) e che abbiano un reddito lordo complessivo inferiore ad € 30.000,00. Deve essere presentata apposita domanda corredata della documentazione comprovante i requisiti previsti dal Regolamento (www.ordinemediciroma.it, sez. Amministrazione trasparente – Atti amministrativi generali).

Cosa succede se non pago la tassa annuale?

Dopo aver esperito le attività amministrative per il recupero del credito tramite legale, si attiveranno le procedure di convocazione dell’iscritto presso la sede dell’Ordine, ai sensi dell’art. 6, comma 2 del D.Lgs.C.P.S. n. 233/46 e s.m.i..

In caso di mancato riscontro e/o mancata estinzione del relativo debito si procederà alla cancellazione per morosità del sanitario dall’albo ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. d), del D.Lgs.C.P.S. n. 233/46 e s.m.i.. e di conseguenza non si potrà esercitare la professione.

L’attivazione delle procedure di cancellazione per morosità nel pagamento della tassa comporta il pagamento oltre che delle annualità dovute, anche degli importi relativi alle spese amministrative ed i diritti per la notifica dei relativi atti che verranno recapitati anche tramite Ufficiale Giudiziario.

Cosa succede se non si fornisce riscontro alla convocazione?

In caso di mancato riscontro e/o mancata estinzione del relativo debito si procederà alla cancellazione per morosità del sanitario dall’albo ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. d), del D.Lgs.C.P.S. n. 233/46 e s.m.i.. e di conseguenza non si potrà esercitare la professione.

Dopo essere stato cancellato per morosità, posso iscrivermi nuovamente agli Albi professionali tenuti dall'Ordine (o altro Ordine Provinciale)?

Sì, ma solo dopo aver versato gli importi dovuti per le annualità non pagate, ossia eliminando la causa che ha determinato la cancellazione per morosità dall’Albo professionale.

Sono in pensione/non esercito più l'attività professionale, devo pagare la tassa annuale?

Sì, finché si rimane iscritti all’Albo professionale la tassa annuale è dovuta. Se non si ha più interesse ad essere iscritto all’Albo professionale si deve chiedere formalmente la cancellazione con apposita domanda in bollo da presentare presso gli uffici Albi dell’Ordine.

 FAQ - Specializzazioni e Rimborsi

Chi può aderire alla Causa di Rimborso?

  • Causa medici specialisti 1982/1991 La Direttiva Comunitaria del 1982 (82/76 CEE) e la Corte di Giustizia Europea (sentenze del 25/02/1999 e del 03/10/2000), hanno condannato l'Italia per non aver riconosciuto la giusta remunerazione ai medici che hanno iniziato a frequentare il corso di specializzazione tra gli anni 1982 -1991. In Italia è stata recepita solo nel 1991, con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n.257, che ha stabilito per gli specializzandi iscritti a partire dall'anno accademico 91/92 l'importo di Euro 11.103 per ogni anno di specializzazione. Nulla è stato riconosciuto in favore dei medici immatricolatisi alla specializzazione negli anni accademici che vanno dall'82/83 al 90/91. I medici che si sono immatricolati alla specializzazione nei suddetti anni possono effettuare una causa presso il Tribunale Civile di Roma, per richiedere il risarcimento derivante dalla mancata attuazione delle direttive comunitarie, circa 11.000 euro per ogni anno di specializzazione più interessi e rivalutazione monetaria (quindi fino a 30.000 euro per anno ).
  • Causa medici specialisti 1993/2006 In seguito al mancato recepimento delle direttive comunitarie 93/16/CEE, e successive, i medici che hanno frequentato il corso di specializzazione prima del 2006 hanno ingiustamente percepito solamente una borsa di studio di appena 11.000 Euro annui lordi, senza alcun diritto a maternità e malattie, con il divieto di svolgere ogni altro lavoro e senza precise garanzie sulla qualità della formazione specialistica, a differenza di quanto avviene dal 2007 in poi.Pertanto con una causa presso il Tribunale civile di Roma, i medici immatricolati alla specialità dal 1993/94 al 2006 che hanno percepito la borsa di studio possono richiedere le differenze retributive (parametrate alle borse in vigore dal 2006/2007), gli oneri contributivi ed assistenziali oltre rivalutazione ed interessi maturati. 

Chi non può più aderire al ricorso pur avendone i requisiti?

L'aver effettuato una precedente domanda può in taluni casi essere ostativo ma anche qui è necessario valutare il singolo caso. La questione dei medici specialisti attraversa più di un ventennio e le impostazioni date alle domande nel corso del tempo sono radicalmente cambiate. 

Per i medici specialisti 82/91 l'attività lavorativa preclude la proposizione della domanda?

L'attività lavorativa non preclude la possibilità di inoltrare la domanda poiché all'epoca non vi era alcuna normativa che lo vietava. 

Per i medici specialisti 93/06 l'attività lavorativa preclude la proposizione della domanda?

Si , perché la normativa in vigore dal 1991 e le successive modifiche prevedono che l'attività lavorativa sia incompatibile con la borsa di studio, quindi il medico che lavorava non ha avuto alcun pagamento su cui calcolare le differenze o la contribuzione ai fini previdenziali.

 FAQ - Specializzandi

È obbligatoria l’iscrizione all’Albo professionale per poter essere ammessi alle scuole di specializzazione in medicina?

L’art. 2 del D.M. n.130 del 10.08.2017, testualmente recita: “(...) Al concorso possono partecipare i laureati in medicina e chirurgia in data anteriore al termine di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione al concorso fissato dal bando, con obbligo, a pena di esclusione, di superare l’esame di Stato di abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo entro il termine fissato per l’inizio delle attività didattiche delle scuole (...)”.

Non è pertanto, previsto l’obbligo di iscrizione all’Albo professionale.

È obbligatoria l’iscrizione all’Albo professionale per lo specializzando che vuole svolgere altri tipi di attività lavorativa?

Per svolgere qualsiasi atto medico, è indispensabile essere iscritti all’Albo professionale.Pertanto, lo specializzando, dovrà necessariamente iscriversi se intende svolgere le attività professionali consentite dal contratto di specializzazione e dal D. Lgs. 368/99 (art. 40 c. 1) ovvero:

  • servizio di continuità assistenziale (guardia medica);
  • sostituzioni medico di medicina generale;
  • guardie turistiche.

L’iscrizione all’Ordine è consigliata?

L’iscrizione è, però, fortemente consigliata per non rischiare di incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione, in quanto secondo unanime giurisprudenza sussiste la responsabilità penale dello specializzando anche durante il corso di formazione specialistico (tra le altre, Cass. Pen., IV sez., n. 6981 del 22.02.2012; Cass. Pen. - Sez. IV, n. 32901/2004; Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, 1 agosto 2008, n. 32424; Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, 16 febbraio 2010, n. 6215; Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, 1 giugno 2007, n. 21594; Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, 24 novembre 1999, n. 13389).

Ne deriva che il testuale dato normativo (art. 2 D.M. n. 130 del 2017), che non prevede l’obbligo di iscrizione, mette il medico in formazione specialistica in una posizione rischiosa, in caso di evento avverso.

In tal senso, si è anche espressa la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, che più volte ha chiesto al Ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca di inserire tra i requisiti obbligatori per l’ammissione alle scuole di specializzazione, l’iscrizione all’Albo dei Medici.

Peraltro, è opportuno sottolineare che il contratto di formazione specialistica prevede che l’azienda sanitaria, presso la quale il medico in formazione specialistica svolge attività formativa, provveda alla copertura assicurativa dei rischi professionali per la responsabilità civile contro terzi e gli infortuni connessi all’attività assistenziale svolta dal medico medesimo nelle proprie strutture (art. 6, comma 4).

D’altro canto, dal punto di vista della assicurazione personale per la responsabilità professionale dello specializzando, l’assicurazione può non garantire la copertura in assenza di iscrizione all’Ordine dei Medici.

 FAQ - Rinnovo Accreditamento (Lazio)

Quale tipologia di Studi deve richiedere il rinnovo dell’Accreditamento?

Il rinnovo dell’Accreditamento deve essere richiesto da tutte quelle strutture che sono convenzionate con la Regione.

Quanto dura il rinnovo dell’Accreditamento?

Il rinnovo è valido per la durata di cinque anni

Nel caso di strutture Accreditate quanti mesi prima va inviata la domanda?

In questi casi il modulo va inviato sei mesi prima della scadenza

Quali strutture sono iscritte nell’Allegato 1 del  DCA U00230 Regione Lazio del 07.06.2018?

Nell’allegato 1 del DCA U00230 sono inserite tutte le strutture che non hanno ancora effettuato il rinnovo, tuttavia può capitare che ci siano degli errori

Quali strutture sono iscritte nell’Allegato 2 del DCA U00230 Regione Lazio del 07.06.2018? 

Nell’Allegato 2 del DCA U00230 sono inserite tutte le strutture che hanno inviato il modulo.

Quali sono le strutture che non devono rinviare il modulo? 

Il modulo non deve essere inviato nuovamente dalle strutture iscritte nell’Allegato 2 che nella loro penultima riga trovano la voce: “Documentazione Ultimata”.

Per quale motivo tutte le altre dell’Allegato 2 devono inviare nuovamente il modulo? 

Devono inviarlo nuovamente perchè evidentemente o non hanno riempito tutti i campi obbligatori o non li hanno riempiti nel modo corretto.

È possibile chiedere il rinnovo dell’Accreditamento in anticipo? 

Sì, ma in questi casi va inviato di nuovo il modulo della richiesta

 FAQ - Ricetta dematerializzata e Cannabis

La ricetta dematerializzata che prescrive Cannabis, può essere inviata tramite PEC direttamente dal medico prescrittore al farmacista?

La trasmissione della ricetta dematerializzata tramite PEC dal medico alla Farmacia, non è possibile per una serie di motivi.   

In primo luogo, per redigere le ricette dematerializzate è indispensabile utilizzare il programma del Ministero dell’Economia e Finanza https://sistemats1.sanita.finanze.it/portale/   

In secondo luogo, la PEC è uno strumento digitale previsto dal CAD, Codice dell’Amministrazione Digitale, per le comunicazioni tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese e viceversa. Non è previsto dalla normativa vigente in materia di digitalizzazione l’impiego della PEC tra soggetti diversi.   

Inoltre, l’invio direttamente al farmacista, non garantirebbe che lo stesso invio non sia stato fatto a più farmacie, con le conseguenze relative per tali mancate garanzie. 

Va ricordato, altresì, che l’invio del “promemoria” dematerializzato della ricetta elettronica alla casella di posta personale indicata dal paziente al medico, deve essere in forma di allegato, è protetto con tecniche di cifratura e deve essere accessibile tramite una credenziale consegnata separatamente al diretto interessato per la tutela dei dati personali.   

Infine, Per quanto riguarda la dispensazione di medicinali a base di sostanze stupefacenti, sono previste dall’art. 45 del D.P.R. 309/90 alcune disposizioni aggiuntive in base all’inclusione dei medicinali nelle diverse sezioni della tabella dei medicinali. In particolare, il comma 4 del citato articolo 45 prevede: “La dispensazione dei medicinali di cui alla tabella dei medicinali, sezioni B e C, è effettuata dal farmacista dietro presentazione di ricetta medica da rinnovarsi volta per volta. Il farmacista appone sulla ricetta la data di spedizione e il timbro della farmacia e la conserva tenendone conto ai fini del discarico dei medicinali sul registro di entrata e uscita di cui al comma 1 dell’art. 60”. La ricetta, all’atto della dispensazione del medicinale, deve essere ritirata da parte del farmacista e conservata per due anni (art. 45, comma 5, del D.P.R. 309/90). 

 FAQ - Requisiti minimi Autorizzativi per l'esercizio di strutture sanitarie e socio-sanitarie (Lazio)

Quale tipologia di Studi deve richiedere l’Autorizzazione per poter esercitare nella Regione Lazio?

Gli studi che devono richiedere l’Autorizzazione ai sensi del comma 2, dell’art. 8-ter, del D.Lgs. 502/1992, e successive modifiche, e l’art. 4, comma 2, della L.R. Lazio n. 4/2003, sono gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, “ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente”.

I requisiti minimi nello specifico sono previsti dal Decreto del Commissario ad Acta U0090 del 10.11.2010 Allegato 1

Quali sono le attività non invasive, il cui esercizio non è sottoposto alla richiesta di autorizzazione alla Regione Lazio? 

Secondo la D.G.R n. 447 del 9 settembre 2015 sono da considerare a minore invasività le procedure diagnostiche e terapeutiche invasive che soddisfano tutti i criteri di seguito indicati:

a) non apertura chirurgica delle sierose;

b) rischio statisticamente trascurabile di complicazioni infettive;

c) rischio statisticamente trascurabile di complicanze immediate;

d) interventi che non comportano sedazione farmacologica profonda. Sono invasive tutte le procedure diagnostiche e terapeutiche diverse da quelle individuate in precedenza.

Gli studi di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera scelta sono sottoposti all’autorizzazione alla Regione Lazio? 

Non sono assoggettati ad autorizzazione gli studi dei medici convenzionati per la medicina generale e dei medici pediatri di libera scelta che soggiacciono alla specifica normativa convenzionale in virtù del peculiare rapporto che intrattengono con il Servizio Sanitario Regionale. Ne consegue che il medico di medicina generale può svolgere la propria attività nell’ambito della medesima unità immobiliare nella quale sono presenti altri studi come sopra individuati solo se questi ultimi non sono assoggettati al regime autorizzativo (Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, art. 36, comma 4). (Delibera Giunta Regionale Lazio n. 447 del 09/09/2015 Revoca della Dgr n. 73/2008 e della Dgr n. 368/2013. Definizione delle tipologie di studi medici e odontoiatrici non soggetti ad autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria.).

 FAQ - POS

È obbligatorio per i professionisti Medici/Odontoiatri dotarsi del POS per ricevere i pagamenti a seguito di prestazioni sanitarie?

Sì il Decreto Legge del 18.10.2012 n. 179 (c.d. Decreto Sviluppo bis) “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” all’art. 15, comma 4, prevede che “A decorrere dal 30 giugno 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito.”

Qual è l’importo minimo?

Il Ministero della Sviluppo Economico, con Decreto Ministeriale emanato il 24.01.2014, ha ribadito l’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito per tutti i pagamenti di importo superiore a 30 euro disposti a favore dei professionisti per le prestazioni professionali.

È obbligatorio per i pazienti pagare con moneta elettronica?

No il paziente può comunque scegliere di pagare con altri mezzi.

 FAQ - La Ricetta Medica

Cos'è la ricetta medica? 

La ricetta medica è un documento scritto, redatto da un medico chirurgo (ossia: laureato in medicina e chirurgia, abilitato all'esercizio della professione ed iscritto all'Albo professionale), che consente al paziente di ottenere dal farmacista la consegna dei medicinali che vi sono elencati. 

E' valida la ricetta scritta su un normale foglio di carta? 

La ricetta scritta su un comune foglio di carta (cosiddetta "ricetta bianca") è certamente valida, purchè contenga i seguenti elementi essenziali:nome e cognome del medico ed eventuale struttura sanitaria di appartenenza;nome del farmaco o del principio attivo;luogo e data di compilazione della ricetta;firma autografa del medico.Sulle ricette ripetibili non è necessario indicare il nome e cognome dell'assistito, a meno che il paziente stesso lo richieda o a meno che il medico lo ritenga indispensabile per un'effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del paziente o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione. L'indicazione del dosaggio non è obbligatoria, ma è fortemente raccomandata per evitare equivoci nella dispensazione del farmaco. In ogni caso, se manca l'indicazione del dosaggio, il farmacista è tenuto a consegnare la confezione con la minor quantità possibile di principio attivo. L'indicazione della posologia è anch'essa fortemente raccomandata.

La "ricetta bianca" deve essere scritta a mano? 

Non necessariamente. La ricetta può essere scritta a mano, ma anche tramite computer: l'importante è che sia chiara e leggibile, in modo da evitare fraintendimenti o equivoci per il paziente o il farmacista. Anzi, a questo scopo, è senz'altro preferibile utilizzare il computer. Quello che conta è che la firma deve sempre essere autografa e in originale.

I farmaci prescritti con questo tipo di ricetta chi li paga? 

I farmaci prescritti con la "ricetta bianca" sono sempre a totale carico dell'assistito. Per ottenere farmaci a totale o parziale carico dello Stato, nei casi previsti dalla legge, è indispensabile che il medico utilizzi l'apposito modulo per la prescrizione a carico del SSN (vedi risposte seguenti).

Quali farmaci si possono prescrivere sulla "ricetta bianca"?

Tutti quei farmaci che sulla confezione recano la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica".

Quanto tempo vale la "ricetta bianca"? 

La "ricetta bianca" ha validità non superiore a sei mesi a partire dalla data di compilazione e, comunque, per non più di dieci volte, salvo che per alcune categorie di farmaci (come gli ormoni o gli ansiolitici), per i quali il periodo di validità della ricetta è più breve. Entro questi limiti, quindi, la ricetta è "ripetibile" nel senso che l'assistito può continuare ad esibirla al farmacista per acquistare i farmaci, fino al termine della sua validità. Infatti, ogni volta che viene presentata al farmacista per l'acquisto del medicinale, la ricetta viene timbrata ma poi riconsegnata all'assistito per il suo uso futuro. Tuttavia se il medico indica espressamente un numero di confezioni di medicinale superiore all'unità, la ricetta diventa "non ripetibile" e, quindi, è utilizzabile solo per quella volta.

Esistono ricette sicuramente "non ripetibili"? 

I farmaci che per il loro uso continuato possono determinare stati tossici o, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute del paziente, possono essere prescritti soltanto con una ricetta "non ripetibile". In ogni caso questi medicinali recano sulla confezione la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta".

Quanto tempo vale una ricetta "non ripetibile"? 

La ricetta "non ripetibile" può essere presentata in farmacia entro trenta giorni dalla data della sua compilazione. Alla presentazione al farmacista, questi consegna il medicinale e ritira la ricetta.

Sulla ricetta "non ripetibile" va indicato il nome del paziente? 

Sì, sulle ricette "non ripetibili" il medico è tenuto ad indicare il codice fiscale del paziente.

La "ricetta bianca" è prerogativa solo di alcune categorie di medici? 

No, tutti gli iscritti all'Albo dei Medici Chirurghi possono compilare la "ricetta bianca", senza alcuna distinzione.

Gli altri professionisti sanitari (infermieri, farmacisti, biologi) possono fare ricette? 

No, la prescrizione di medicinali è attività tipica ed esclusiva del medico.

Cos'è la ricetta del Servizio Sanitario Nazionale? 

Le leggi che disciplinano il funzionamento del SSN prevedono che il costo dei farmaci classificati in fascia A dall'AIFA sia a totale o parziale carico dello Stato. In questo caso, il medico deve necessariamente utilizzare il cosiddetto "ricettario rosa". Se il medico prescrivesse un farmaco, anche di fascia A, su una "ricetta bianca", il costo sarebbe comunque a carico dell'assistito.

Chi può usare il "ricettario rosa" per prescrivere farmaci a carico del SSN? 

I medici di medicina generale convenzionati con il SSN, i medici addetti alla continuità assistenziale pubblica, i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, gli specialisti ambulatoriali interni, i medici dipendenti del SSN. Non possono, quindi, prescrivere sul "ricettario rosa" i medici che non siano dipendenti o convenzionati con il SSN. I blocchetti contenenti i moduli per la prescrizione di farmaci a carico del SSN vengono consegnati dall'Azienda Sanitaria al medico dipendente o convenzionato con il SSN ed egli ne diventa responsabile del suo uso.

I medici dipendenti e convenzionati con il SSN possono usare il "ricettario rosa" in qualunque contesto? 

I medici dipendenti e convenzionati con il SSN utilizzano il "ricettario rosa" per la prescrizione di farmaci solo e soltanto nell'ambito dell'esercizio della loro attività istituzionale di medici pubblici. Ciò significa che se il medico svolge anche attività privata, in quel contesto egli non è più un "medico pubblico" bensì un medico privato e quindi non può prescrivere farmaci utilizzando il "ricettario rosa" ma deve utilizzare esclusivamente la cosiddetta "ricetta bianca".A titolo di esempio, il medico di famiglia che svolge anche attività libero professionale, come libero professionista non può usare il "ricettario rosa", così come il medico ospedaliero che svolge anche attività libero professionale in intra o extra moenia, in quell'ambito non può usare il "ricettario rosa". Farlo significa porre a carico dello Stato il costo di farmaci prescritti in regime non istituzionale e ciò può comportare l'accusa di truffa ai danni del SSN.

Gli specializzandi e i sostituti dei medici di famiglia possono fare ricette a carico del SSN? 

I medici specializzandi possono prescrivere farmaci utilizzando il "ricettario rosa" in carico al loro tutor, purchè venga apposto il doppio timbro, del tutor e dello specializzando, e la firma di quest'ultimo. Allo stesso modo i sostituti dei medici di famiglia possono utilizzare il "ricettario rosa" in carico al medico titolare, apponendo il doppio timbro, del titolare e del sostituto, e la firma di quest'ultimo. Da quanto sopra consegue che i medici in formazione specialistica e i sostituti non possono ottenere un proprio blocchetto contenente i "ricettari rosa", ma devono necessariamente far uso di quello in dotazione al loro tutor/titolare.

Riepilogando, quali tipi di ricette abbiamo analizzato finora? 

La "ricetta bianca" ripetibile, quella non ripetibile e la ricetta a carico del SSN. Quest'ultima, in definitiva, è una ricetta non ripetibile che richiede l'utilizzo di un modulo specifico. E, a differenza della "ricetta bianca", è compilabile solo dai medici dipendenti o convenzionati con il SSN.

La ricetta redatta sul "ricettario rosa" deve avere gli stessi elementi essenziali della "ricetta bianca"? 

In linea di principio sì, con l'aggiunta che sulla ricetta a carico del SSN deve essere indicato il nome e il cognome dell'assistito, il suo codice fiscale, il codice dell'Azienda Sanitaria di riferimento, gli eventuali codici e motivi di esenzione e l'eventuale nota AIFA pertinente. Il cittadino può anche chiedere che sul proprio nome e cognome sia apposta una etichetta adesiva per tutelare la sua riservatezza.

Come mai la ricetta a carico del SSN prevede questi elementi in più? 

Perché questa ricetta non serve solo per ritirare i medicinali in farmacia, ma serve anche al farmacista per farsi rimborsare dallo Stato il costo dei medicinali forniti agli assistiti. Questa ricetta, quindi, ha anche una finalità amministrativa e contabile perchè con essa il medico pone a carico della finanza pubblica la spesa dei medicinali. Per questo motivo, la sua redazione richiede la massima attenzione ed il massimo scrupolo. Ad esempio, eventuali prescrizioni di farmaci a carico del SSN che siano ritenute inappropriate, possono essere contestate al medico da parte della Corte dei Conti.

Quindi in caso di falsità nella ricetta le pene saranno severe? 

Esatto, infatti la ricetta a carico del SSN, essendo prodotta da un medico dipendente o convenzionato con il SSN, ha la natura giuridica di atto pubblico ed il medico prescrittore assume la qualifica di pubblico ufficiale (medico dipendente) o incaricato di pubblico servizio (medico convenzionato), con pene molto severe in caso di falsità. La "ricetta bianca", invece, è una scrittura privata e quindi la sua eventuale falsità soggiace a pene meno severe, anche se comunque non certo irrilevanti. Ma non è necessario arrivare alle sanzioni penali: anche la semplice inappropriatezza della prescrizione (che non è quindi una ipotesi di falsità) espone il medico al rischio di essere accusato di danno erariale.

Ma come può una ricetta essere ritenuta falsa?

La prescrizione di un medicinale presuppone che il medico abbia visitato il paziente e abbia riscontrato l'esistenza di una patologia per la cui cura è necessario il farmaco prescritto nella ricetta. Per cui la prescrizione di un medicinale effettuata senza constatare personalmente l'esistenza di una patologia espone il medico al rischio di incorrere nel reato di falso ideologico. Ovviamente questo principio vale in senso generale, nel senso che se il medico conosce il paziente ed è a conoscenza del tipo di patologia da cui è affetto (ad esempio, una malattia cronica), può anche rilasciare la ricetta senza dover necessariamente visitare ogni volta il paziente. L'importante, però, è che il medico non rilasci mai ricette "al buio", senza essere sicuro della patologia esistente o basandosi soltanto su quanto gli viene riferito, senza aver provveduto a riscontrare oggettivamente la sussistenza della patologia.

Il farmacista può sostituire il farmaco prescritto dal medico con un altro farmaco? 

No, se il medico ha indicato sulla ricetta l'avvertimento espresso "farmaco non sostituibile". Se questa indicazione non c'è, il farmacista per legge deve informare l'assistito dell'eventuale esistenza di un farmaco equivalente (cosiddetto "generico") avente il medesimo principio attivo e l'assistito può acconsentire di ricevere il medicinale equivalente al posto di quello di marca. Se però l'assistito si rifiuta di ottenere il medicinale equivalente e pretende comunque il farmaco di marca, oppure se il medico ha indicato che la sua prescrizione non è sostituibile, l'assistito è tenuto a pagare la differenza fra il costo del farmaco equivalente (coperto dallo Stato) e il costo del farmaco di marca.

Il farmacista può consegnare in caso di urgenza dei medicinali che sarebbero concedibili solo dietro presentazione di ricetta medica, senza tuttavia che l'assistito abbia la ricetta? 

Sì, la legge prevede che in caso di estrema necessità e urgenza il farmacista possa consegnare all'assistito, anche in assenza di prescrizione medica, i farmaci che di norma avrebbero bisogno della ricetta medica.

Quali sono queste situazioni di estrema necessità ed urgenza? 

Per esempio quando l'assistito, dimesso il giorno precedente dall'ospedale, richiede al farmacista un cortisonico iniettabile mostrando la documentazione ospedaliera che raccomanda il trattamento con quel tipo di farmaco. Oppure quando il paziente chiede al farmacista un farmaco per il quale è già presente in farmacia una ricetta non anteriore a sei mesi, con la stessa prescrizione. Il farmacista deve, comunque documentare in apposito registro questi casi eccezionali.

Esistono altre tipologie di ricette mediche, oltre a quelle fin qui esaminate? 

Sì, esiste la ricetta "limitativa" e la ricetta per i farmaci stupefacenti.

Cos'è la ricetta "limitativa"? 

E' la ricetta che contiene la prescrizione di medicinali la cui utilizzazione è limitata all'ambiente ospedaliero e che riportano sulla confezione la dicitura: "Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico". E' pure una ricetta "limitativa" quella che prescrive farmaci vendibili al pubblico, ma solo dietro piano terapeutico di centri ospedalieri o di particolari categorie di medici specialisti. Infine è anche una ricetta "limitativa" quella che riguarda medicinali utilizzabili esclusivamente dal medico specialista durante la visita ambulatoriale.

Cos'è la ricetta per i farmaci stupefacenti? 

E' la ricetta che contiene la prescrizione di medicinali per i quali la legge sulla disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope prevede specifiche modalità di distribuzione e di prescrizione. Si tratta di farmaci a base delle seguenti sostanze: buprenorfina, codeina, diidrocodeina, fentanyl, idrocodone, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone e ossimorfone che vengono impiegati per il controllo del dolore in pazienti affetti da patologie gravi.

I farmaci stupefacenti, quindi, vanno prescritti in un modo specifico? 

Sì, la legge prevede l'utilizzo di uno speciale ricettario di colore rosso distribuito dalla ASL. La ricetta ha validità per trenta giorni e deve contenere l'indicazione di una posologia adeguata ai trenta giorni di cura. La ricetta deve essere compilata in triplice copia: il medico consegna all'assistito due copie (una per l'assistito stesso e una per il farmacista) mentre la terza viene conservata dal medico. Su questa ricetta il medico deve apporre il proprio timbro con l'indicazione del suo nome e cognome e del suo indirizzo e numero di telefono professionale.

I farmaci stupefacenti possono essere prescritti solo da alcune categorie di medici? 

No, tutti i medici sono abilitati a prescrivere i farmaci stupefacenti, ma esclusivamente tramite l'apposito ricettario distribuito dalle ASL che ogni medico, quindi, è tenuto ad avere. Anzi, il medico che si rifiuta di prescrivere i farmaci stupefacenti, nonostante che vi siano le condizioni per farlo, accampando la scusa di essere sprovvisto del ricettario specifico, compie un atto contrario ai suoi doveri deontologici di assistenza e cura delle persone e, quindi, è sanzionabile da parte dell'Ordine.

I farmaci stupefacenti sono a carico dello Stato o del cittadino? 

Se vengono prescritti da un medico pubblico (dipendente o convenzionato con il SSN) seguono le regole dei farmaci prescritti con la ricetta "rosa" e quindi sono a carico totale o parziale dello Stato; se invece vengono prescritti da un medico libero professionista, seguono le regole dei farmaci prescritti con la ricetta "bianca" e quindi sono a carico del cittadino.

Ci sono regole specifiche per gli odontoiatri? 

Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all'esercizio della loro professione. Questo significa che possono prescrivere alcune classi di farmaci più comunemente necessari alla professione odontoiatrica, quali gli analgesici-antinfiammatori, gli anestetici locali, gli antibiotici attivi sulla flora patogena del cavo orale. A contrario, all'odontoiatra non compete la prescrizione di farmaci per la terapia di malattie non odontoiatriche. Tutto questo vale per i casi normali, nel senso che in caso di emergenze che potrebbero verificarsi nell'attività odontoiatrica e che possono comportare danno grave o imminente pericolo di vita per il paziente, è senz'altro consentito all'odontoiatra l'uso e la prescrizione di farmaci di emergenza. La prescrizione di farmaci da parte degli odontoiatri liberi professionisti deve necessariamente avvenire su "ricetta bianca" (con costo a carico dell'assistito), mentre gli odontoiatri dipendenti del SSN o specialisti ambulatoriali interni possono prescrivere i farmaci in fascia A sul ricettario del SSN. 

Considerazioni conclusive 

I farmaci non sono mai assolutamente innocui e quindi la loro prescrizione deve essere attentamente ponderata dal medico, in relazione alle effettive necessità del paziente. Per questo è necessaria la massima attenzione e la massima diligenza nella prescrizione di farmaci, così come è dovere deontologico del medico informare adeguatamente il paziente sulle modalità di uso e somministrazione del farmaco, onde evitare rischi per la sua salute. A maggior ragione quando si prescrivono farmaci a carico del SSN, perché in questo caso il medico di fatto pone a carico della finanza pubblica il costo dei medicinali e, in caso di errori o prescrizioni inappropriate, ne risponde anche davanti alla Corte dei Conti.

 FAQ - Il Certificato Medico: Cartaceo e Telematico

Cos'è il certificato medico? 

Il certificato medico è la testimonianza scritta su fatti e comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la cui dimostrazione può produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge, ovvero determinare particolari conseguenze a carico dell'individuo o della collettività aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa.

Cosa significa "certificare"? 

I contenuti possibili del certificato medico sono non soltanto le dichiarazioni circa lo stato di salute o di malattia, ma ogni fatto di natura tecnico-sanitaria che il medico ha potuto riscontrare direttamente nell'esercizio della sua professione (ad esempio, la sottoposizione a vaccinazioni, l'idoneità al lavoro, l'idoneità alla pratica sportiva, la salubrità degli ambienti di lavoro, ecc.). Rientrano, così, fra i contenuti possibili della certificazione medica anche fattispecie che non riguardano soltanto la salute o la malattia, ma anche eventi come la nascita o la morte, che il medico è chiamato a constatare di persona.

Quali sono i requisiti "formali" del certificato? 

Il certificato deve essere privo di abrasioni e correzioni che possono far sorgere il dubbio di alterazioni o contraffazioni dell'atto. Nel caso di correzioni, devono essere indicate a chiare lettere e controfirmate dall'estensore. Inoltre il certificato deve essere redatto con una grafia chiara e comprensibile che non dia luogo ad equivoci. La terminologia e il significato del certificato deve essere intellegibile e coerente fra quanto constatato e quanto dichiarato nel certificato. La legge prevede una specifica modulistica solo per alcuni tipi di certificati (ad esempio, certificato di malattia per lavoratori privati, certificato di idoneità alla guida, ecc.).

Quali sono i requisiti "sostanziali" del certificato? 

Il certificato deve riportare:il nome, il cognome, la qualifica ed eventualmente la struttura sanitaria di appartenenza del medico certificatore;le generalità del paziente o del richiedente;l'oggetto della certificazione (eventuale diagnosi e prognosi). Nel caso di certificato redatto sulla base di referti obiettivi è opportuno citarli;il luogo e la data di rilascio;la firma del medico. 

E' necessario identificare il paziente tramite documento di riconoscimento?

Se fra medico e paziente sussiste un rapporto fiduciario consolidato, si deve dare per scontato che il medico conosca il paziente. Ma se il paziente non è conosciuto, è fortemente raccomandato al medico di chiedere l'esibizione di un documento di riconoscimento.Infatti se il medico rilascia, anche in buona fede, un certificato col nome di una persona diversa da quella che ha realmente visitato, può essere accusato di aver agito con leggerezza emettendo un certificato che risulta falso.Quindi identificare il paziente è molto opportuno per evitare qualunque tipo di problema legale.

Cosa significa "veridicità" del certificato?

Il Codice Deontologico impone al medico di redigere il certificato solo con affermazioni che derivano da constatazioni dirette, personalmente effettuate (ad esempio tramite la visita medica), oppure sulla base di documentazione oggettiva (ad esempio sulla base di referti oggettivi). Pertanto al medico non è concesso di redigere un certificato esclusivamente sulla base di quanto gli viene riferito dal paziente o da terzi o su fatti che egli non abbia personalmente constatato, perché questo rappresenta al limite una raccolta anamnestica, insufficiente di per sé a formulare una diagnosi certificabile. E' necessario, quindi, prestare molta attenzione a questi casi, perché è fin troppo facile per il medico esporsi al rischio di certificare qualcosa che in realtà non è veritiero.

Il medico può rifiutarsi di certificare? 

Il Codice Deontologico impone al medico di rilasciare al paziente le certificazioni sul suo stato di salute. Ovviamente questo precetto va integrato con quanto detto alla risposta precedente, per cui il medico può e deve rifiutarsi di certificare fatti che egli non abbia constatato personalmente o che non siano supportati da riscontri oggettivi. Altrettanto ovviamente, il medico deve rifiutarsi di certificare fatti che egli sappia non corrispondenti al vero. Infine il medico deve rifiutarsi di certificare nei casi in cui la legge prevede che il certificato possa essere rilasciato solo da colleghi rivestiti di particolari qualifiche.

Cos'è il reato di "falso materiale" in certificazione medica? 

Il reato di "falso materiale" riguarda la parte formale del certificato. Il medico risponde di questo reato quando, nella redazione del certificato, commette alterazioni o contraffazioni mediante cancellature, abrasioni o aggiunte successive, miranti a far apparire adempiute le condizioni richieste per la sua validità. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.

Cos'è il reato di "falso ideologico" in certificazione medica? 

Il reato di "falso ideologico" riguarda la falsa rappresentazione della realtà, cioè l'attestazione per autentici di fatti non rispondenti a verità. Si tratta, quindi, di una certificazione volutamente mendace per fatti o condizioni inesistenti. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.

Il certificato "erroneo" è un reato? 

Se il medico commette un errore nel certificato, ma persuaso di essere nel vero e certificando conformemente alla propria convinzione, non può essere accusato di alcun reato perché in questo caso il certificato non è falso, ma soltanto erroneo. Tuttavia è una situazione che nella realtà può essere difficile da dimostrare.

Cos'è il certificato "compiacente"? 

E' il certificato che tende, con terminologia volutamente imprecisa e ambigua, ad alterare una situazione o minimizzandola o rendendola sproporzionata. E' quindi un certificato che non risponde al requisito della veridicità e quindi può integrare gli estremi di reato di falso ideologico. E' irrilevante se questo tipo di certificato sia stato redatto per venire incontro alle esigenze del richiedente. Il medico non deve mai sottrarsi al dovere di attenersi alla veridicità dei fatti.

Il certificato falso può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa? 

Sì, perché il certificato può determinare la costituzione di diritti in favore del richiedente, con possibili oneri a carico di terzi o a carico dello Stato. Pertanto una falsa certificazione può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa.

C'è differenza fra il certificato rilasciato dal medico dipendente pubblico, dal medico convenzionato o dal medico libero professionista? 

Dipende dal contesto di riferimento. In linea di principio, ogni medico abilitato all'esercizio della professione e iscritto all'Albo è ugualmente idoneo a rilasciare una certificazione medica. Tuttavia leggi specifiche riservano la potestà certificativa in alcuni casi a medici in possesso di particolari qualifiche (ad esempio per la certificazione di morte, per la guida di autoveicoli, per il porto d'armi, per la sicurezza sul lavoro, per la pratica sportiva, per l'assenza per malattia dei dipendenti pubblici, ecc.). Dal punto di vista giuridico, i certificati rilasciati dai medici dipendenti pubblici sono considerati "atti pubblici", in quanto il medico che li redige ha la funzione di pubblico ufficiale. Invece i certificati rilasciati dai medici convenzionati sono considerati "certificazioni amministrative", in quanto il medico che li redige ha la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Infine i certificati rilasciati dai medici liberi professionisti sono considerati "scritture private" in quanto il medico che li redige svolge un servizio di pubblica utilità. Queste differenze hanno rilevanza soprattutto dal punto di vista penale, perché le pene sono più severe per il falso in atto pubblico rispetto alle altre certificazioni.

Cos'è il "certificato storico"? 

Il certificato storico è l'attestazione di una situazione che si è già verificata nel passato e che il medico ricostruisce sulla base di documentazione dell'epoca. Si tratta quindi di una certificazione "ora per allora". Questo tipo di certificazione è piuttosto frequente nell'ambito della medicina legale quando il medico svolge una funzione peritale, oppure quando il medico è chiamato a redigere atti aventi finalità assicurativa o previdenziale. Al contrario, un certificato "storico" non ha ragione di essere in altri contesti, come ad esempio per la certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti, perché il certificato deve essere contestuale all'accertamento della patologia e recare la stessa data dell'effettuazione della visita. Non è, quindi, consentito certificare "a posteriori": farlo esporrebbe il medico al rischio di essere accusato del reato di falsa certificazione.

Come si tutela la privacy del paziente nel certificato? 

Se il certificato è richiesto dal paziente e consegnato a lui direttamente, non si pongono problemi di riservatezza. Viceversa, se il certificato viene consegnato ad una persona diversa dal richiedente, il medico deve acquisire una delega scritta che lo autorizza a rilasciare il certificato nelle mani di un terzo. E' importante ricordare che, comunque, il certificato deve essere consegnato dal medico o da un suo incaricato (ad esempio la segretaria), ma non deve essere lasciato in luoghi dove non si possa essere sicuri che il ritiro venga effettuato dal diretto interessato. Per i certificati di malattia ad uso lavorativo il medico deve evitare di indicare la diagnosi, in quanto il datore di lavoro non è tenuto a conoscerla. Fa eccezione il caso in cui sia lo stesso paziente a richiedere che la diagnosi sia espressamente indicata sul certificato, perché vuole beneficiare di permessi lavorativi speciali che il datore di lavoro può concedere solo previa conoscenza della diagnosi. In questo caso il medico è legittimato ad indicare le informazioni sulla patologia, proprio perché lo stesso paziente glielo ha richiesto.

Nel Lazio è obbligatorio il certificato di riammissione a scuola dopo 5 giorni di assenza?

Ai fini della semplificazione amministrativa in materia di sanità pubblica e dell’efficacia delle prestazioni sanitarie nel territorio regionale, nel Lazio la presentazione dei certificati medici richiesti per assenza scolastica di più di cinque giorni, di cui all’articolo 42, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre1967, n. 1518 (Regolamento per l’applicazione del titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 1961, n. 264, relativo ai servizi di medicina scolastica),rilasciati dai soggetti individuati dalla normativa e dagli accordi collettivi nazionali vigenti, è prevista esclusivamente qualora:

a) i certificati siano richiesti da misure di profilassi previste a livello internazionale e nazionale per esigenze di sanità pubblica;

b) i soggetti richiedenti siano tenuti alla loro presentazione in altre Regioni.

Al di fuori dei casi previsti al comma 1, cessa l’obbligo di certificazione medica per assenza scolastica di più di cinque giorni.

Che cos'è il "Certificato Telematico"? 

Dal settembre 2011 la normativa ha previsto la trasmissione dei certificati di malattia dei lavoratori dipendenti per via telematica, a cura del medico prescrittore.In buona sostanza il medico, dotato delle credenziali di accesso al sistema informatico, compila il certificato di malattia sul computer e lo invia all'INPS, evitando così il rilascio cartaceo all'assistito. Il sistema genera un numero di protocollo attribuito al singolo certificato e tramite questo numero, sia il lavoratore che la sua azienda possono prendere visione del certificato emesso.

Quali sono i medici obbligati all'invio telematico del certificato di malattia?

Prioritariamente sono i medici dipendenti del SSN (ospedalieri e di distretto) e i medici convenzionati (medici di medicina generale, di continuità assistenziale, di emergenza territoriale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni).Costoro vengono dotati dalla ASL delle credenziali di accesso al sistema e devono obbligatoriamente utilizzare la procedura telematica di certificazione.I medici che non hanno rapporti con il SSN, invece, non hanno l'obbligo tassativo di utilizzare la procedura telematica di certificazione, tuttavia anche a loro è offerta questa possibilità in quanto possono ottenere le credenziali di accesso al sistema Tessera Sanitaria dall'Ordine al seguente link http://servizionline.ordinemediciroma.it/index.php?option=com_chronoforms&chronoform=Richiesta_Accreditamento_TS-18-06-2018. In definitiva, qualunque medico è messo nelle condizioni di utilizzare la procedura telematica di certificazione.

E se il sistema telematico non funziona?

I medici dipendenti e convenzionati con il SSN devono utilizzare la procedura telematica, a meno che non si presentino interruzioni o malfunzionamenti nel sistema informatico. In questi casi, essendo prioritario il dovere assistenziale, è consentito rilasciare il certificato di malattia in forma cartacea, ma è opportuno indicare sul certificato che l'utilizzo del cartaceo è dovuto al temporaneo malfunzionamento del sistema informatico (con data e ora del rilascio).

Ci sono sanzioni per il mancato utilizzo della procedura di certificazione telematica? 

I medici dipendenti e convenzionati con il SSN che senza validi motivi non utilizzano la procedura telematica vengono sottoposti dalla ASL a procedimento disciplinare che può concludersi anche con la cessazione del rapporto di lavoro.I medici liberi professionisti o che comunque non hanno rapporti con il SSN, non sono soggetti a sanzioni.

Il certificato di malattia telematico riguarda tutti i lavoratori dipendenti? 

Il certificato telematico è obbligatorio per tutti i lavoratori del settore privato e per la maggior parte dei lavoratori del settore pubblico.Più precisamente, sono esclusi dal certificato di malattia telematico (e quindi hanno diritto ad ottenere il certificato cartaceo) i dipendenti pubblici appartenenti alle Forze Armate, ai Corpi militari dello Stato e al Corpo dei Vigili del Fuoco.

Il medico che non può o non vuole fare il certificato telematico, può delegare un collega? 

Assolutamente no.Il certificato di malattia è l'atto conclusivo di una visita medica, per cui solo il medico che ha constatato l'esistenza di una patologia è tenuto a certificare quanto ha constatato, non altri.Proprio per questo motivo, se ad esempio il paziente viene visitato in ospedale sarà il medico ospedaliero che l'ha visitato ad emettere il certificato di malattia telematico, così come se viene visitato in un ambulatorio della ASL sarà il medico specialista ambulatoriale ad emettere il certificato.Non è corretto, quindi, visitare il paziente e rinviarlo al medico di famiglia per il rilascio del certificato. Del resto questo modo di fare non è mai stato corretto, nemmeno quando i certificati di malattia erano solo cartacei.

Considerazioni conclusive

Il medico deve sempre essere consapevole che ogni suo atto, per quanto semplice e apparentemente banale possa essere, è carico di implicazioni giuridiche, amministrative e deontologiche. Quindi deve prestare la massima attenzione ed il massimo scrupolo in ogni momento della propria attività, anche nell'esecuzione di atti spesso banali come la redazione di certificati medici. Che sono molto frequenti e, proprio per questo, è più alto il rischio di disattenzioni o superficialità che però possono avere conseguenze legalmente pesanti.

 FAQ - ECM

Quando ha inizio l’obbligo di acquisizione dei crediti ECM?

L'acquisizione dei crediti ECM è obbligatoria a partire dall'anno solare successivo a quello di iscrizione all'Albo professionale.

Tale obbligo si interrompe nei casi previsti per gli esoneri ed esenzioni.

Come verificare i crediti ECM?

Il Professionista può verificare il proprio obbligo formativo ECM accedendo all’area riservata del COGEAPS esclusivamente tramite SPID: https://application.cogeaps.it/login/

COGEAPS è l’unica piattaforma di riferimento per la gestione dei crediti ECM dei professionisti sanitari. Per ogni triennio il Professionista sanitario può visualizzare:

  • l’obbligo formativo standard e l’obbligo formativo individuale;
  • i crediti ECM acquisiti;
  • eventuali riduzioni;
  • le sezioni dove inserire eventuali esoneri, esenzioni e la formazione individuale.

MyAgenas è parimenti attendibile per la verifica dei crediti acquisiti?

L’unico sito ufficiale per verificare la propria posizione formativa è www.cogeaps.it, al quale si può accedere tramite SPID al link: https://application.cogeaps.it/login/

Qual è l’organo deputato al rilascio della certificazione di soddisfacimento dell’obbligo formativo Triennale e/o attestazione di partecipazione al programma ECM?

La verifica per la certificazione dei crediti formativi spetta all’Ordine competente, che utilizzerà al termine del triennio, i dati archiviati dal COGEAPS. Il sanitario potrà verificare la propria situazione rispetto all'obbligo formativo accedendo alla sezione "Anagrafe Crediti Formativi" presente sul sito del COGEAPS.

A chi spetta il computo dei crediti?

Il computo dei crediti spetta al professionista sanitario.

Il professionista deve inserire nella piattaforma COGEAPS tutti i crediti acquisiti che rientrano nella tipologia “crediti individuali” (autoformazione, pubblicazioni, tutoraggio, sperimentazioni, crediti esteri) e le casistiche legate agli esoneri ed esenzioni.

I crediti acquisiti tramite formazione residenziale o FAD vengono trasmessi direttamente dai Provider (soggetti accreditati all’erogazione degli eventi ECM) entro specifiche tempistiche.

Quali sono i tempi per la visualizzazione su COGEAPS dei crediti derivanti dalla partecipazione ad eventi Res e FAD?

Premesso che il COGEAPS non viene aggiornato in tempo reale, il Provider è tenuto a rendicontare i crediti ECM entro scadenze differenti a seconda se si tratti di formazione residenziale o a distanza:

  • 90 giorni dalla conclusione dell’evento, nel caso di formazione residenziale;
  • 90 giorni dalla scadenza del corso online (solitamente si conclude il 31/12), nel caso di formazione FAD.

In questo lasso di tempo, i crediti ECM effettivamente acquisiti potrebbero non essere visibili sul portale COGEAPS., ma saranno comunque utili al conteggio per l’assolvimento dell’obbligo formativo.

Come reperire gli Attestati dei Corsi ECM organizzati dall’OMCeO Roma?

Gli Attestati dei Corsi ECM organizzati dall’Ordine possono essere visionati e stampati direttamente dalla propria Area Riservata. I tempi per il rilascio degli stessi è normalmente previsto nel mese successivo allo svolgimento del Corso ECM.

Crediti ECM e Copertura assicurativa:

L’imminente approvazione dei decreti attuativi della legge 24/2017 (Legge Gelli-Bianco) daranno piena attuazione alla norma che lega l’assolvimento dell’obbligo ECM nella misura del 70% dei crediti formativi, all’efficacia della copertura assicurativa: i professionisti che non raggiungeranno questa percentuale nel triennio 2023-2025 non potranno accedere alla copertura assicurativa e quindi si troveranno scoperti dalla protezione in caso di contenzioso a loro carico.

Si presume che dal gennaio del 2026 tutti i professionisti potranno avere problemi a trovare un’assicurazione se non hanno assolto il 70% dei crediti relativi al proprio obbligo formativo triennale.

Quanti sono i crediti obbligatori da acquisire nel triennio?

Ad ogni triennio la Commissione Nazionale della Formazione Continua (CNFC) stabilisce il numero dei crediti formativi obbligatori.

Negli ultimi trienni l’obbligo standard stabilito da CNFC è stato di 150 crediti.

È possibile verificare il numero dei crediti da acquisire in ciascun triennio accedendo alla propria area riservata del COGEAPS tramite SPID. Nella sezione “Partecipazioni ECM” è possibile selezionare dal menu a tendina il triennio di interesse.

Esiste un numero massimo di crediti ECM a distanza (FAD) che posso raccogliere per ogni anno?

No, ogni professionista può decidere di formarsi in maniera completamente Residenziale, oppure completamente a Distanza (FAD) o in modo misto.

Non esistono vincoli né sul numero dei crediti da acquisire per ciascun triennio, né sulla tipologia RES-FSC-FAD- Blended.

Che cos'è la FORMAZIONE INDIVIDUALE?

Le attività di "formazione individuale" comprendono tutte le attività formative non erogate da provider accreditati ECM, e possono consistere in: attività di ricerca scientifica, tutoraggio individuale, attività di formazione individuale all’estero e autoformazione.

Per maggiori dettagli è possibile consultare il Capitolo 3 (Formazione individuale) del Manuale sulla Formazione continua del professionista sanitario. I CREDITI DA AUTOFORMAZIONE NON possono complessivamente superare il 60% dell'obbligo formativo triennale (Manuale sulla Formazione continua del professionista sanitario - §3.1 - Attività formative non erogate da provider) fermo restando il limite del 20% per l'autoformazione. (Manuale sulla Formazione continua del professionista sanitario - §3.5 - Autoformazione).

È possibile soddisfare l’obbligo formativo inserendo SOLO la formazione individuale (crediti ECM ottenuti con l’autoformazione, pubblicazioni, corsi svolti all’estero in presenza, tutoraggio)?

NO. ALMENO il 40% dell’obbligo formativo triennale deve essere soddisfatto attraverso la partecipazione in qualità di discente ad eventi RESIDENZIALI o FAD.

Entro quale data è consentito effettuare lo spostamento dei Crediti al Triennio precedente?

In data 24/04/2024, la Commissione Nazionale per la Formazione Continua ha approvato la Delibera n. 6/2024 in materia di spostamento dei crediti. Questa delibera aggiorna la precedente (Delibera CNFC 2/2023). La nuova delibera stabilisce che “l’acquisizione dei crediti formativi relativi al triennio 2020-2022 è consentita fino al 31 dicembre 2023, per tutti i professionisti che hanno conseguito i crediti entro tale data. Lo spostamento dei crediti è consentito fino al 31 dicembre 2025” Pertanto, tutti i crediti acquisiti nell’anno 2023, compresi quelli di eventi che si chiudono nel 2024, potranno essere spostati al triennio precedente 2020-2022, lo spostamento dei crediti è consentito fino al 31 dicembre 2025.

È possibile spostare i crediti in esubero acquisiti nei Trienni precedenti sui Trienni successivi?

No, lo spostamento è consentito solo a recupero del triennio precedente.

L’attività di Tutoraggio per l’esame di abilitazione e TPV laurea abilitante quanti crediti attribuisce?

L’attività di tutoraggio, rese dai MMG nell'ambito delle attività previste per l'esame di abilitazione per il tirocinio pratico valutativo della laurea abilitante, da diritto all’attribuzione di 6,7 crediti per ogni mese di tutoraggio (100 ore).

I dati trasmessi dalle Università, vengono trasferiti al Cogeaps che provvede all’importazione nella scheda personale di ciascun professionista sanitario dedicato a tale attività.

Qual è l’obbligo formativo per il Medico Competente?

L’Ordine di appartenenza, su istanza dell’interessato, rilascia alla fine del triennio formativo la certificazione previa verifica dei requisiti previsti:

  • Soddisfacimento dell’obbligo Formativo ECM triennale;
  • Acquisizione di crediti ECM pari ad almeno il 70% dell’obbligo formative del triennio nella disciplina “Medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”.

Il professionista che non abbia soddisfatto i requisiti nel triennio, ai fini della certificazione ECM per lo svolgimento dell’attività di Medico competente, ha la possibilità di recuperare i crediti mancanti nell’anno successivo

Qual è l’obbligo formativo previsto in materia di Radioprotezione?

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, all’art. 162, comma 4, ha sancito l’obbligatorietà della formazione e aggiornamento ECM in materia di radioprotezione per tutti i medici di qualsiasi specializzazione e modalità di esercizio della professione, in quanto potenziali prescriventi.

I crediti relativi alla radioprotezione devono rappresentare almeno il 10% dei crediti complessivi previsti per i medici specialisti, i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, (omissis) e almeno il 15% dei crediti complessivi previsti nel triennio per gli specialisti in fisica medica e per i medici specialisti e gli odontoiatri che svolgono attività complementare. Le percentuali in questione si riferiscono all’obbligo formativo individuale quindi al netto dei bonus e degli esoneri/esenzioni. La Commissione Nazionale ECM dispone anche che, nel limite massimo del 50%, i crediti previsti per l’obbligo in materia di radioprotezione possono essere conseguiti mediante autoformazione, fermo restando che il numero crediti raccolti con autoformazione non può superare il 20% dei crediti totali del triennio.

I Corsi in Radioprotezione sono raggiungibili gratuitamente sul sito l’Ordine fino al 31.12 di ogni anno.

Il pensionato è comunque soggetto all'obbligo degli ECM?

La CNFC con Delibera del 14 dicembre 2021, ha disposto che, per i professionisti che hanno compiuto il settantesimo anno d’età, il COGEAPS riconosca in modo automatico l’esenzione per i pensionati che esercitano saltuariamente la professione. Rimane fermo l’obbligo del singolo professionista di comunicare l’esercizio non saltuario dell’attività professionale tramite il portale COGEAPS, essendo in tal caso soggetto all’obbligo formativo ECM. Tale comunicazione equivale a rinuncia dell’esenzione per l'intero triennio al quale fa riferimento il superamento della soglia reddituale.

Come specificato dalla Delibera, per professionisti sanitari in pensione che esercitano saltuariamente “l’attività professionale” si intendono coloro che sono collocati in quiescenza ed esercitano saltuariamente l’attività professionale sanitaria da cui deriva un reddito annuo non superiore a 5.000,00 euro

La docenza universitaria dà diritto ad esonero o al conseguimento di crediti ECM?

La docenza universitaria non dà diritto all’esonero dai crediti ECM né al conseguimento degli stessi. La normativa prevede il riconoscimento dei crediti sono nell'eventualità di docenza presso un corso accreditato ECM

Nel COGEAPS risultano in automatico gli ESONERI e le ESENZIONI del professionista?

NO. L’esonero e l’esenzione sono diritti esercitabili esclusivamente su istanza del professionista e costituiscono una riduzione dell'obbligo formativo individuale triennale. Senza istanza del sanitario non possono essere riconosciuti dal sistema automaticamente. La richiesta va effettuata attraverso la piattaforma COGEAPS Accedendo alla propria area riservata tramite SPID, nella sezione “esonero/esenzione”, il professionista può selezionare nel form online la tipologia di corso che dà diritto all’esonero o il motivo di esenzione, inserire il periodo di riferimento, e inviare la richiesta confermando l’operazione. Il sistema si aggiornerà in automatico.

Quando posso inserire l’ESONERO e come viene calcolato?

La richiesta può essere inserita solo successivamente al termine o del singolo anno o dell’intero periodo dell’esonero che si sta richiedendo.

La durata dell’esonero deve coincidere con la durata legale del corso accademico. Un anno di frequenza equivale alla riduzione di 1/3 del proprio obbligo formativo triennale.

Qualora la durata sia a cavallo di più anni il professionista dovrà indicare nella richiesta di esonero l’anno con maggior mesi di frequenza.

Esempio:

Se il professionista ha iniziato il corso di specializzazione, della durata di 5 anni, nel Novembre 2021 e lo conclude a luglio 2026, può richiedere l’esonero per gli anni 2022-2023-2024-2025-2026. In tal caso la richiesta di esonero potrà essere inserita al termine del singolo anno a consuntivazione dello stesso.

Durante il periodo di Esenzione vengono riconosciute eventuali partecipazioni ECM?

L’ESENZIONE, prevede la sospensione dell'attività professionale ed è incompatibile con la normale fruizione dell'offerta formativa.

Pertanto crediti acquisiti nel periodo di esenzione non sono validi ai fini del soddisfacimento dell'obbligo formativo ECM.

 

 FAQ - Consenso Informato

Dove ha avuto origine e qual è stata l’evoluzione del consenso informato? 

Per secoli, sulla base dell’insegnamento di Ippocrate, il medico ha esercitato il diritto-dovere di non rivelare nulla al paziente riguardo alle sue condizioni di salute. Questo assoluto riserbo avrebbe evitato “passi estremi” al malato e, al tempo stesso, garantiva prestigio e autorità alla classe medica.Per secoli, quindi, il consenso del malato all’atto medico non ha avuto alcuna rilevanza e rimaneva nell’ampia discrezionalità del medico la scelta delle terapie e dei sistemi di cura e se darne o (come quasi sempre succedeva) non darne conto al paziente.Solo nel XX secolo questo paradigma è cominciato a cambiare. Quando, nel 1917, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che “ogni essere umano adulto e sano di mente ha il diritto di decidere su cosa va fatto al suo corpo” e che “il medico che esegue un intervento senza il consenso del paziente commette un aggressione”.In Italia, il principio del consenso informato, trova la sua più importante consacrazione nell’art. 32 della Costituzione, secondo il quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, correlato con l’art. 13 della stessa Costituzione che afferma l’inviolabilità della libertà personale.In conformità con il dettato costituzionale, la Legge 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, esclude la possibilità di effettuare accertamenti e trattamenti sanitari contro la volontà del paziente.Di particolare interesse anche la sentenza della Corte di Assise di Firenze del 1990 (confermata poi nel 1992 dalla Corte di Cassazione) che condanna il medico chirurgo per omicidio preterintenzionale per aver eseguito un intervento demolitivo senza il consenso della paziente e senza che si fosse verificata una situazione di emergenza o di immediato pericolo.Infine il Codice di Deontologia Medica sancisce il principio generale secondo cui è vietato al medico di intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente e l’obbligo per il medico di desistere, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. 

Qual è la situazione attuale? 

E’ quindi ormai principio consolidato che nessuna persona cosciente e capace può essere sottoposta ad un qualsiasi trattamento sanitario contro o senza la sua volontà. Ogni singolo trattamento diagnostico, ogni singola terapia, qualsivoglia intervento medico non può essere effettuato se non con il valido consenso dell’avente diritto, che sia stato compiutamente ed idoneamente informato in ordine al trattamento cui sarà sottoposto ed ai rischi che da tale trattamento possono derivare.Pertanto oggi la legittimazione all’attività del medico non trova più il suo fondamento sul prestigio e sull’autorità del professionista, ma solo ed esclusivamente sul consenso informato del malato.Appare, quindi, chiaro che l’informazione data al paziente costituisce parte integrante della prestazione medica che diviene essa stessa una prestazione sanitaria, al pari dell’accertamento diagnostico e dell’intervento terapeutico. 

Cos’è l’informativa? 

Per raccogliere un valido consenso è indispensabile che il medico abbia fornito un esaustiva informativa. In effetti, secondo consecuzione logica, non si dovrebbe parlare di “consenso informato” ma più propriamente di “informazione alla quale segue il consenso”.Ma a parte la terminologia, è chiaro che il medico ha come suo primo e principale dovere quello di esplicitare al paziente una serie di informazioni per consentirgli una scelta libera e consapevole.In particolare nell’informativa è doveroso che al paziente sia esplicitato:- La situazione clinica obiettiva riscontrata;- La descrizione dell’intervento medico ritenuto necessario e dei rischi derivanti dalla mancata effettuazione della prestazione;- Le eventuali alternative diagnostiche e/o terapeutiche;- Le tecniche e i materiali impiegati;- I benefici attesi;- I rischi presunti;- Le eventuali complicanze;- I comportamenti che il paziente deve eseguire per evitare complicazioni successive all’atto medico.Tutte queste informazioni devono essere rese al paziente in modo chiaro e commisurato alla sua capacità di comprensione da intendersi in senso medico e, cioè, non solo avendo riguardo al livello intellettuale del paziente, ma anche tenendo conto del suo stato emotivo e psicologico. E’ necessario, quindi, calibrare il tenore dell’informazione in modo che sia efficace al fine di far maturare nel paziente un convincimento libero, maturo e consapevole, senza inutili iper-tecnicismi e senza superficiali generalizzazioni.E’ importante che l’informativa e il conseguente consenso sia prossimo, dal punto di vista temporale, all’atto medico, perché uno dei requisiti del consenso è l’attualità. Un’informativa resa (e un consenso raccolto) troppo tempo prima dell’intervento rischia di non essere sufficiente perché nel frattempo il quadro clinico potrebbe essere evoluto o le alternative terapeutiche potrebbero essere variate o ancora il paziente potrebbe aver maturato un diverso convincimento.E’ fortemente raccomandato che il medico, specie se ospedaliero, segnali in cartella clinica, di aver debitamente informato il paziente. 

Il consenso informato deve essere in forma scritta?

Da quanto detto sopra, è ormai chiaro che l’informativa e il consenso sono atti indispensabili e necessari per rendere legittimo l’atto medico. Ciò non significa, però, che l’informativa e il consenso debbano essere resi necessariamente in forma scritta. Anzi, nella generalità dei casi è sufficiente che informativa e consenso siano prestati in forma orale.La forma scritta diventa necessaria o perché vi è una legge dello Stato che la rende obbligatoria, o perché il Codice di Deontologia Medica la richiede in situazioni particolari.Le Leggi dello Stato che rendono necessaria la forma scritta sono le seguenti:- DPR 16/06/1977 n. 409 in materia di trapianti di organi;- Legge 05/06/1990 n. 135 in materia di AIDS;- Decreto Ministeriale 15/01/1991 in materia di terapia con plasma derivati ed emoderivati;- Decreto Ministeriale 27/04/1992 in materia di sperimentazione scientifica;- Legge 12/08/1993 n. 201 in materia di prelievo ed innesto di cornea;- Legge 08/04/1998 n. 94 in materia di uso di medicinali al di fuori delle indicazioni autorizzate;- Legge 19/02/2004 n. 40 in materia di procreazione assistita.Dal canto suo, il Codice di Deontologia Medica obbliga alla raccolta del consenso informato in forma scritta per le seguenti situazioni particolari:- Prescrizione di farmaci per indicazioni non previste dalla scheda tecnica o non ancora autorizzati al commercio, purché la loro efficacia e tollerabilità sia scientificamente documentata (in pratica ricalca l’obbligo già previsto dalla Legge 94/1998);- Prescrizione di terapie mediche non convenzionali, che possono essere attuate senza sottrarre il paziente a trattamenti scientificamente consolidati e previa acquisizione del consenso informato scritto quando si tratti di pratiche invasive o con più elevato margine di rischio, oppure quando il paziente ponga pregiudizialmente scelte ideologiche;- Prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche che, a causa delle possibili conseguenze sull’integrità fisica della persona o per il grave rischio che possono comportare per l’incolumità della persona, rendano opportuna una manifestazione documentata della volontà del paziente. Nella pratica si tratta delle ipotesi di:- Interventi chirurgici;- Procedure ad alta invasività;- Utilizzo di mezzi di contrasto;- Trattamenti con radiazioni ionizzanti;- Trattamenti che incidono sulla capacità di procreare;- Terapie con elevata incidenza di reazioni avverse;- Trattamenti psichiatrici di maggior impegno.Al di fuori di queste ipotesi, il consenso può essere raccolto in forma orale, fermo restando che se il medico ritiene, in scienza e coscienza e motivatamente, di formalizzare tale consenso con un atto scritto, gli è comunque consentito farlo.

Nel caso in cui il paziente sia minorenne come bisogna comportarsi?

La regola generale prevista dal diritto di famiglia afferma che la potestà sui figli è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori o da un solo genitore se l’altro è morto o decaduto o sospeso dalla potestà genitoriale.Nel caso dei comuni trattamenti medici (visite, medicazioni, prescrizioni, certificazioni) è sufficiente il consenso espresso da uno solo dei genitori, in applicazione del principio generale secondo il quale gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.Viceversa, di fronte a trattamenti medici di maggiore importanza, come quelli per i quali è necessario acquisire il consenso scritto, è necessario l’assenso di entrambi i genitori, perché gli atti di straordinaria amministrazione devono essere compiuti di comune accordo. In questi casi, l’eventuale contrasto di opinione fra i genitori va risolto dal giudice tutelare.Giova precisare che a questo fine non rileva il fatto che i genitori siano sposati o separati o divorziati o conviventi di fatto. Quello che importa è che gli atti di ordinaria amministrazione possono essere eseguiti disgiuntamente dai genitori, quelli di straordinaria amministrazione congiuntamente o per decisione del giudice.Tutto ciò chiarito, va anche precisato che il medico, a norma del Codice Deontologico, deve tener conto della volontà del paziente minorenne, compatibilmente con l’età e con la sua capacità di comprensione, fermi restando i diritti dei genitori. Il medico, quindi, deve prendere in considerazione l’opinione del minorenne, in funzione dell’età e del suo grado di maturità e possibilmente addivenire ad un consenso congiunto fra genitori e figlio minore. Nel caso in cui questo accordo non sia possibile e sussista un insanabile contrasto fra la volontà del minore e quella dei genitori, la decisione se eseguire o meno il trattamento sanitario deve essere rimessa al giudice tutelare.Vi sono inoltre alcuni trattamenti sanitari per i quali la legge esclude l’obbligo di acquisire il consenso dei genitori, ritenendo sufficiente il solo consenso del paziente minorenne. Si tratta, quindi, di situazioni specifiche e particolari per le quali il medico può procedere all’atto sanitario a prescindere dal consenso o dissenso dei genitori e anche a loro insaputa.Si tratta dei casi di:- Accertamenti diagnostici, anche di laboratorio, e cure qualora si presentino sintomi di insorgenza di una malattia trasmessa sessualmente;- Prescrizioni mediche e somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile;- Interruzione volontaria della gravidanza quando il giudice tutelare abbia autorizzato la minorenne a decidere anche a prescindere dal consenso dei genitori in presenza di seri motivi che impediscono o sconsigliano la loro consultazione o che inducano a procedere contro il loro parere;- Accertamenti diagnostici e interventi terapeutici e riabilitativi al minorenne che faccia uso personale di sostanze stupefacenti, mantenendo l’anonimato del minorenne nell’accesso ai servizi per le tossicodipendenze.

E nel caso di un paziente incapace di intendere e di volere (interdetto)?

Il paziente maggiorenne per il quale il giudice abbia dichiarato l’interdizione per infermità mentale, è rappresentato legalmente dal tutore nominato dallo stesso magistrato. Pertanto il tutore ha titolo per esprimere il consenso alle prestazioni sanitarie nell’interesse della persona assistita.In ogni caso il medico deve cercare di far comprendere la situazione anche al paziente oggetto di tutela, nei limiti in cui ciò sia possibile.

Nel caso di un paziente sottoposto ad amministrazione di sostegno cosa bisogna fare? 

Il paziente maggiorenne affetto da una infermità o menomazione fisica o mentale che si trovi nell’impossibilità, anche parziale o momentanea, di provvedere ai propri interessi, può essere affiancato da un amministratore di sostegno nominato dal giudice. L’amministratore di sostegno, quindi, non si sostituisce al paziente, ma lo supporta e lo affianca.Il provvedimento del giudice di nomina dell’amministratore di sostegno individua i poteri dell’amministratore ed è opportuno che il medico acquisisca copia di tale provvedimento onde verificare se tali poteri si estendono anche all’ambito sanitario. Perché se così non è, il paziente è l’unico soggetto in grado di prestare il consenso, mentre se l’amministratore di sostegno ha il potere di intervenire per gli atti di natura sanitaria, allora il medico deve ricercare il consenso prioritariamente dal paziente diretto interessato, ma con il supporto e l’aiuto dell’amministratore di sostegno.In questi casi, se dovesse emergere un contrasto fra la volontà del paziente e quella dell’amministratore di sostegno, il medico dovrebbe sollecitare un pronunciamento del giudice tutelare per dirimere il contrasto.

Nel caso di un paziente temporaneamente incapace? 

Il paziente maggiorenne, che normalmente è capace di intendere e di volere, può trovarsi in una momentanea situazione di incapacità perché privo in tutto o in parte di autonomia decisionale o incapace di esprimere la propria volontà.Questo può succedere, per esempio, in caso di abuso di alcol o di sostanze stupefacenti o per un temporaneo stato di incoscienza.Si tratta, quindi, di casi in cui il paziente non è sostituito nelle sue decisioni da nessun tutore, né affiancato da nessun amministratore di sostegno.In questi casi il medico è autorizzato a prestare le cure indispensabili e indifferibili, anche senza aver raccolto il consenso, attuando gradatamente e sequenzialmente il trattamento terapeutico in modo da portare il paziente verso un miglioramento della propria capacità decisionale e quindi di porlo in condizione di affrontare consapevolmente gli atti più complessi sotto il profilo terapeutico. In pratica in questi casi il medico raccoglie un “consenso in progress”.Se questi tentativi non hanno successo e l’incapacità non regredisce ma anzi persiste, il medico, previo colloquio coi familiari dell’assistito, potrà ad adire l’autorità giudiziaria chiedendo la nomina di un amministratore di sostegno o altri eventuali provvedimenti a tutela del paziente.

Nel caso di un paziente anziano con problemi cognitivi? 

Nel caso di pazienti anziani con seri problemi cognitivi che possano assurgere ad uno stato di incapacità decisionale persistente o addirittura permanente, il medico, previo colloquio coi familiari dell’assistito, potrà adire l’autorità giudiziaria per richiedere la nomina di una amministrazione di sostegno o altri eventuali provvedimenti a tutela del paziente.

Cosa sono le direttive anticipate? 

Il Codice di Deontologia Medica, recependo i principi contenuti nella Convenzione di Oviedo, afferma che se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà e il proprio consenso, il medico deve tener conto, nelle proprie scelte terapeutiche, di quanto precedentemente manifestato in modo certo e documentato dal paziente stesso, quando aveva piena libertà decisionale.Si tratta delle cosiddette “Direttive Anticipate”, cioè di espressioni di volontà formalizzate per atto scritto dal paziente maggiorenne capace di intendere e di volere, che indicano se e in quali ambiti egli presta il proprio consenso a determinati atti sanitari sulla sua persona, nel caso in cui si trovi a vivere condizioni di affievolimento o annullamento di coscienza.Allo stato attuale, in mancanza di una legge in materia, tali direttive non hanno efficacia tassativa e vincolante per il medico, tant’è che il Codice Deontologico prevede che il medico debba “tenerne conto”. Tuttavia il medico non potrà ignorarle e dovrà motivare le sue decisioni se in contrasto con le direttive anticipate del paziente.

Cos’è lo stato di necessità? 

Ricorre lo stato di necessità quando il medico si trova ad agire, mosso dalla necessità di salvare il paziente dal pericolo concreto ed attuale di un danno grave alla sua persona e l’intervento che effettua è proporzionale al pericolo che intende scongiurare.In questo caso il medico è autorizzato, anche senza alcun valido consenso, a compiere tutti gli atti che ritiene non procrastinabili e necessari in modo specifico per superare quel pericolo e quel rischio.Superato lo stato di necessità, per le successive prestazioni sanitarie occorre acquisire il consenso del paziente, ritornato capace di intendere e di volere.Se viceversa il paziente non recupera la propria autonomia di giudizio, vale la regola già descritta a proposito dell’incapacità temporanea che persiste e cioè la possibilità di adire l’autorità giudiziaria.

Qual è il ruolo dei familiari nella manifestazione del consenso?

In presenza di paziente maggiorenne capace di intendere e di volere, solo a lui spetta il diritto di esprimere o meno il consenso all’atto medico. I familiari, quindi, non hanno alcun ruolo, a meno che il paziente stesso non glielo riconosca. Ciò può accadere quando il paziente, per suo legittimo convincimento, non vuole conoscere niente della sua malattia e delega un proprio congiunto a ricevere le informazioni sul suo stato di salute. In questi casi il medico deve rispettare le decisioni del paziente e quindi fornire l’informativa al familiare indicato dal paziente stesso, ferma restando la raccolta del consenso dal diretto interessato.Per quanto riguarda il paziente minorenne, si è già detto del ruolo dei genitori.Per quanto riguarda, invece, il paziente temporaneamente incapace o il paziente anziano con problemi cognitivi, si è detto dell’opportunità che il medico intrattenga sempre un “colloquio” coi familiari circa la situazione clinica dell’assistito. Bisogna tuttavia precisare che in queste circostanze i familiari non hanno un potere decisionale legalmente riconosciuto (a meno che il paziente o il giudice in precedenza non glielo abbia concesso) e il rapporto del medico coi familiari serve unicamente per condividere un percorso assistenziale e terapeutico, ma senza che le decisioni dei familiari siano di per sé tassative e vincolanti per il medico.Solo in un caso la legge attribuisce espressamente un ruolo legalmente vincolante ai familiari: si tratta dei casi di manifestazione del consenso al trapianto di organi da cadavere. Infatti a norma di legge, in caso di morte del paziente e in assenza di un suo preventivo consenso all’espianto, questo può essere validamente prestato dal coniuge non separato, dal convivente di fatto o, in mancanza, dai figli maggiorenni o, in mancanza, dai genitori ovvero dall’amministratore di sostegno se presente.

 FAQ - Certificati e IVA

Quando si pone il problema del pagamento o meno dei certificati medici? 

La questione si pone solo per i medici convenzionati con il SSN (medici di famiglia e pediatri di libera scelta).Infatti i medici dipendenti pubblici (ospedalieri) non hanno questo problema in quanto tutte le loro certificazioni sono sempre gratuite per il paziente, in quanto ricomprese nell'attività istituzionale del medico pubblico.Sul versante opposto ci sono i medici liberi professionisti i quali, al contrario, hanno sempre diritto ad un compenso per la loro attività che, essendo di natura privata e libero professionale, non è mai ricompensata dallo Stato, ma sempre e solo dal privato cittadino.Quindi valutare se e quando chiedere un compenso per un particolare tipo di certificato è una cosa che riguarda solo i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. 

Il certificato ha un costo di per sé o rientra nella prestazione medica in generale? 

Il rilascio di un certificato è un atto medico che solitamente rappresenta l'atto finale di una prestazione sanitaria iniziata con l'acquisizione del consenso, la raccolta dell'anamnesi, e proseguita con la visita medica. Tutto il complesso di questi atti costituisce la prestazione del medico.Da ciò si comprende che il certificato medico non ha una sua autonoma consistenza, in quanto è logicamente inserito in una prestazione sanitaria. Di conseguenza non ha un costo di per sé, ma è la prestazione medica nel suo complesso (conclusasi con il rilascio del certificato) che può avere rilevanza ai fini del compenso per il medico. 

Prendiamo in esame la situazione dei medici di medicina generale e dei pediatri. Quali sono i certificati gratuiti per l'assistito? 

Alcuni certificati medici rilasciati dai medici di medicina generale e dai pediatri sono gratuiti per l'assistito perché rientrano nei compiti del medico previsti dalle Convenzioni Nazionali e/o dagli Accordi regionali. Si tratta di prestazioni che vengono pagate al medico dallo Stato e per questo motivo sono gratuite per il paziente.I classici esempi di certificati gratuiti sono:- incapacità temporanea al lavoro;- riammissione a scuola;- attività sportiva non agonistica parascolastica;- assistenza domiciliare integrata;- denunce obbligatorie (nascita, morte, malattie infettive e diffusive, AIDS, ecc.). 

Al di fuori di questi casi, quindi, il medico può pretendere un compenso? 

Sì, perché al di fuori di questi casi, si tratta di prestazioni non retribuite dallo Stato e quindi a carico dell'assistito.In pratica per le prestazioni non previste dalle Convenzioni Nazionali o dagli Accordi regionali, il medico di medicina generale e il pediatra agisce come un medico libero professionista puro. 

Quant'è il compenso che in questi casi il medico può chiedere in libera professione? 

Dopo l'abolizione del tariffario a norma del "Decreto Bersani" del 2006, non esiste più una tariffa vincolante, per cui ogni medico è libero di fissare le tariffe che crede. In ogni caso è necessario che il medico informi preventivamente il paziente sul costo della sua prestazione, in modo da evitare ogni spiacevole discussione. Una valida soluzione può essere l'affissione in sala d'attesa dell'elenco delle prestazioni a pagamento con il relativo costo, oppure la preventiva informazione che il medico o il personale di studio fornisce al paziente prima della prestazione. 

Il medico può decidere di rilasciare gratuitamente certificati che sarebbero a pagamento? 

Il medico, valutando il caso del singolo paziente, può ritenere opportuno evitare di chiedere il pagamento del certificato. Questo spesso succede per motivi di solidarietà sociale, per cui la scelta del medico di non farsi pagare è certamente apprezzabile. Se però questo comportamento viene tenuto solo per accaparrarsi clienti, rappresenta una forma di concorrenza sleale che deve essere ovviamente evitata. 

Quando il medico riceve il compenso, deve sempre emettere fattura? 

Certamente sì. E la deve emettere nello stesso momento in cui viene pagato, né prima né dopo. Il paziente deve uscire dallo studio con la fattura in tasca. 

Sulle fatture per certificati a pagamento ci vuole o no l'IVA? 

Fino al 2005 tutte le prestazioni mediche erano considerate esenti IVA e quindi la fattura del medico prevedeva solo e soltanto l'importo del compenso. Ma dal 2005, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea, bisogna distinguere: se la prevalente finalità della prestazione medica è la tutela della salute dell’interessato o della collettività, il compenso è esente da IVA. Invece se la prevalente finalità della prestazione è di natura accertativa o peritale o medico-legale, allora il compenso è soggetto a IVA. 

Quali sono i tipici casi di certificati o prestazioni a pagamento esenti da IVA? 

Sono, ad esempio, i certificati per:- buona salute, sana e robusta costituzione, attività ludico-motoria;- patenti di guida;- porto d'armi;- medicina del lavoro;- esonero dalle lezioni di educazione fisica;- infortunio a fini INAIL;- invio di minori in colonie o comunità;- ammissione di anziani in case di riposo;- invio in soggiorni marittimi o montani per motivi di salute;- avvenuta vaccinazione;- dieta personalizzata alla mensa;- idoneità a viaggi. 

In questi casi, il medico deve riportare qualche dizione particolare in fattura per giustificare la non applicazione dell'IVA? 

Va riportata la dizione: "Prestazione sanitaria esente IVA ai sensi dell'art. 10 n. 18 del DPR 633/1972". Si tratta di una dizione che spesso è già prestampata sui ricettari per prestazioni sanitarie acquistabili in cartoleria. 

Quali sono, invece, i casi di certificati o prestazioni a pagamento sui quali aggiungere l'IVA? 

Sono, ad esempio, i certificati per:- invalidità civile;- infortunio a fini privati;- riconoscimento causa di servizio;- fini assicurativi;- idoneità allo svolgimento di generica attività lavorativa;- impossibilità a presentarsi in tribunale;- inabilità a riscuotere la pensione. 

A quanto ammonta l'IVA in questi casi?

Al 22% del compenso. 

Come si può distinguere se nella prestazione medica è prevalente la finalità di cura o la finalità peritale?

L'Agenzia delle Entrate ha previsto: nei casi in cui la prestazione del medico sia contemporaneamente finalizzata alla cura della persona, ma abbia anche risvolti assicurativi o peritali, è possibile evitare l'applicazione dell'IVA se il medico riporta in fattura la dizione: "Riscontrata prevalente finalità di tutela della salute". Se viceversa la finalità prevalente della prestazione è di tipo assicurativo o peritale, non c'è bisogno di scrivere nulla in fattura, però allora deve essere applicata l'IVA. 

Quali dati sono obbligatori sulla fattura? 

-il nominativo del medico e il suo numero di Partita IVA;- le generalità del paziente e il suo codice fiscale;- la data e il numero progressivo della fattura (che può essere un numero incrementale anno dopo anno, oppure ricominciare ogni anno dal n. 1 seguito dall'anno di competenza. Ad esempio "n. 1/2013", "n. 2/2013" e così via);- la descrizione della prestazione (ad esempio: "visita e certificazione medica");- l'importo del compenso;- l'eventuale dizione di cui sopra per le prestazioni esenti da IVA;- in caso contrario: l'aggiunta del 22% di IVA al compenso stesso; 

Serve la marca da bollo sulla fattura? 

Se il compenso è assoggettato ad IVA la marca da bollo non si applica.Se, invece, il compenso è esente da IVA, si applica la marca da bollo di € 2,00 ma solo se il compenso è superiore a € 77,47. 

Che cos'è la ritenuta di acconto? 

Quando il medico fa una prestazione o un certificato a pagamento ad un paziente, nella fattura non applica mai la ritenuta d'acconto.La ritenuta d'acconto si applica solo se la prestazione è a favore di imprese, enti, ditte o altri professionisti. In sostanza, non in favore di singoli cittadini, ma di soggetti titolari di Partita IVA.Ciò premesso, la ritenuta d'acconto è una percentuale (solitamente del 20%) che si detrae dal compenso del medico e che il beneficiario della prestazione deve versare allo Stato. Con la ritenuta d'acconto, quindi, il medico "rinuncia" ad una parte del suo compenso, che va allo Stato in acconto alle tasse che il medico dovrà pagare in sede di dichiarazione dei redditi. 

Come deve riscuotere il medico il denaro che riceve? 

Solitamente per la riscossione dei certificati a pagamento, lo strumento più utilizzato è il denaro contante.Tuttavia è bene ricordare che il contante non è consentito per prestazioni di importo superiore a € 999,99 perchè in questi casi è obbligatorio riscuotere con uno strumento di pagamento tracciabile (assegni, bancomat, carte di credito, bonifici). 

I compensi riscossi dall'attività medica devono confluire in un conto corrente dedicato? 

Non è obbligatorio, ma raccomandato.Infatti, se il medico ha un solo conto corrente che usa sia per l'attività professionale che per la sua vita privata, le operazioni di entrata e di uscita di quel conto sono considerate dall'Agenzia delle Entrate tutte afferenti all'attività medica. Se invece il medico ha due conti separati, uno per l'attività professionale e uno per la sua vita privata, può meglio dimostrare la reale entità economica della sua attività di professionista. 

Il medico può fare prestazioni "occasionali" senza possedere la Partita IVA? 

L'art. 35 del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR) dispone che coloro che intraprendono una professione devono farne dichiarazione all'Agenzia delle Entrate che attribuisce il numero di Partita IVA.L'art. 67 dello stesso TUIR regolamenta i "Redditi Diversi" fra i quali compaiono anche i redditi occasionali, considerandoli prodotti da coloro che non svolgono abitualmente attività di impresa o di professione.Di conseguenza, un professionista iscritto ad un Albo (com'è il medico) non può invocare la disciplina del "lavoro occasionale", in quanto per i professionisti vale la regola dell'art. 35.L'Agenzia delle Entrate, in più occasioni, ha sostenuto che un professionista iscritto ad un Albo non può mai dire di esercitare "occasionalmente" la professione, altrimenti non sarebbe iscritto all'Albo. L'iscrizione all'Albo, quindi, per l'Agenzia delle Entrate è indice di "abitualità" nell'esercizio della professione, tutto il contrario della "occasionalità".Per questo è fortemente raccomandato di evitare eventuali prestazioni occasionali e, in casi estremi, limitarle solo a sporadiche e non programmate situazioni. Altrimenti il medico avrà vita dura a giustificarsi davanti all'Agenzia delle Entrate in sede di eventuali verifiche e controlli. 

Considerazioni conclusive

Per curare correttamente gli aspetti fiscali dell'esercizio della professione è oramai indispensabile che il medico si avvalga di un consulente fiscale di propria fiducia, perchè la materia è altamente complessa e tecnica e, quindi, difficilmente gestibile da chi non è un fiscalista di professione. Comunque è importante che il medico abbia buona padronanza delle poche e semplici regole elencate in questo articolo per evitare la maggior parte di errori in cui può incappare.

 FAQ - Certificati Attivitā Sportiva

Quali sono le norme che regolamentano l'attività sportiva? 

L’attività sportiva agonistica è regolamentata dal Decreto Ministeriale del 18 febbraio 1982, mentre la regolamentazione dell’attività amatoriale ludico-motoria e dell’attività non agonistica è contenuta nel Decreto Ministeriale del 24 aprile 2013 e dall’art. 42-bis della Legge 09/08/2013 n. 98. Inoltre si tiene conto delle Linee Guida emanate del Ministero della Salute con Decreto del 08/08/2014.Per quanto riguarda le specificità regionali, si tiene conto della Legge Regione Lazio n. 24 del 09/07/1997.

Quali sono le tipologie di attività fisica di cui si occupano queste norme? 

Sono sostanzialmente tre, in ordine crescente di impegno psico-fisico:- L’attività ludico-motoria/amatoriale;- L’attività sportiva non agonistica;- L’attività sportiva agonistica.

Cos'è l’attività ludico-motoria/amatoriale? 

Per attività ludico-motoria/amatoriale si intende quella praticata da soggetti non tesserati con le Federazioni sportive nazionali o con gli Enti di promozione sportiva e finalizzata al raggiungimento e al mantenimento del benessere psico-fisico della persona.L’attività ludico-motoria/amatoriale, quindi, non è finalizzata al raggiungimento di prestazioni sportive di livello e non prevede un aspetto competitivo.

Esempi di attività ludico-motoria/amatoriale? 

Ad esempio fare jogging al parco, fare fitness in palestra, fare danza, andare in piscina o altre attività similari. Anche fare calcetto o giocare a tennis con gli amici è attività ludico-motoria/amatoriale se l’attività viene svolta al di fuori di ogni contesto di gare o competizioni promosse da società sportive.Se invece queste stesse attività sono praticate da soggetti tesserati con le Federazioni sportive nazionali o con gli Enti di promozione sportiva, allora si ricade nell'attività sportiva vera e propria che può essere di tipo agonistico o non agonistico a seconda dell'impegno psico-fisico richiesto.

Per andare in palestra è necessario o no il certificato medico? 

Se la palestra è affiliata ad una Federazione sportiva nazionale o ad un Ente di promozione sportiva e il cliente viene tesserato all'atto dell'iscrizione in palestra, allora è necessario produrre il certificato medico di idoneità all'attività sportiva non agonistica. In tal caso la palestra deve rilasciare al cliente un modulo ove richiede il certificato medico esplicitando chiaramente a quale Federazione Sportiva o Ente di promozione sportiva è affiliata.Se, invece, la palestra non è affiliata a nessuna Federazione sportiva nazionale o a nessun Ente di promozione sportiva, allora il cliente vi svolge soltanto un'attività ludico-motoria e quindi non serve alcun certificato medico.Vi possono essere palestre affiliate ad una Federazione sportiva nazionale o ad un Ente di promozione sportiva, in cui alcuni clienti vengono tesserati, mentre altri no. In questi casi, solo i clienti tesserati devono presentare il certificato per attività non agonistica, mentre gli altri non devono presentare alcunché.Ovviamente quanto detto sopra vale non solo per le palestre, ma anche per le piscine e altri impianti sportivi.

Per lo svolgimento dell'attività ludico-motoria/amatoriale è necessaria una valutazione medica con relativa certificazione? 

Non è necessaria alcuna certificazione medica e quindi l'attività ludico-motoria può essere svolta in forma libera.In ogni caso, pur non essendovi nessun obbligo di certificazione medica, il cittadino può certamente chiedere un consiglio al proprio medico sull’attività che intende intraprendere.Ma non perché vi sia un obbligo in tal senso, ma solo per una valutazione di opportunità.

In questo caso, a quale medico sarebbe opportuno rivolgersi? 

Preferibilmente al medico di famiglia o pediatra che conosce l’assistito e quindi è in grado di valutare il caso con maggiori elementi di giudizio. Ma in linea di principio qualunque medico è in grado di dare questo tipo di consigli.

E se il cittadino richiede comunque al medico la redazione di un certificato? 

Il medico, dopo aver fatto presente che questo certificato non è necessario, può comunque rilasciarne uno dove attesta che il cittadino gode di buona salute e non ha patologie in atto.

Questo certificato di “buona salute” è a pagamento? 

Sì, perché trattandosi di un certificato non necessario, non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale.

Quant’è l’importo da pagare?

Non esiste una tariffa predeterminata, per cui l’importo della prestazione è lasciato alla valutazione del medico che però deve farlo conoscere in anticipo all’assistito.

Cos’è di preciso l’attività sportiva non agonistica? 

Si considera attività sportiva non agonistica quella svolta dai seguenti soggetti:- Alunni che svolgono attività sportiva organizzata dalle scuole nell’ambito delle attività parascolastiche in orario extra-curriculare;- Studenti che partecipano ai Giochi della Gioventù nelle fasi precedenti a quella nazionale;- Tutti coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che però non siano considerati atleti agonisti.

Per l’attività sportiva non agonistica, come sopra definita, è necessario il certificato medico? 

Sì, è obbligatorio il certificato medico, tranne che per alcuni sport per i quali l'impegno fisico è molto ridotto o assente.

Quali sono questi sport con impegno fisico ridotto o assente? 

Gli sport di tiro (tiro a segno, tiro a volo, tiro con l'arco, tiro dinamico sportivo), il biliardo sportivo, le bocce (ad eccezione della specialità volo di tiro veloce), il bowling, il bridge, la dama, i giochi e gli sport tradizionali (regolamentati dalla FIGEST), il golf, la pesca sportiva di superficie (ad eccezione della pesca d'altura), gli scacchi, il curling.Inoltre sono comprese nella categoria esonerata dall'obbligo del certificato medico anche le attività con impegno fisico minimo come l'aeromodellismo, le imbarcazioni radiocomandate, l'attività sportiva cinotecnica.

Per tutti gli altri sport, chi può rilasciare il certificato non agonistico? 

I medici specialisti in medicina dello sport presso gli ambulatori delle ASL o presso i centri privati autorizzati, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, limitatamente ai propri assistiti e i medici della Federazione medico-sportiva del CONI.

Quali esami clinici sono necessari? 

Prima del rilascio del certificato, il medico deve raccogliere l'anamnesi ed eseguire un esame obiettivo con misurazione della pressione.Inoltre deve acquisire agli atti copia del referto di un elettrocardiogramma a riposo effettuato dal paziente almeno una volta nella vita.Se il paziente ha più di 60 anni e presenta fattori di rischio cardiovascolare, è necessario prescrivere un elettrocardiogramma basale ogni anno. Anche in questo caso, copia del referto deve essere acquisita agli atti del medico certificatore.A prescindere dall'età, se il paziente soffre di patologie croniche conclamate che comportano un aumento del rischio cardiovascolare, è necessario prescrivere un elettrocardiogramma basale ogni anno. Anche in questo caso, copia del referto deve essere acquisita agli atti del medico certificatore.Il medico può in ogni caso prescrivere anche altri accertamenti ed esami, in relazioni alle specifiche necessità del paziente, così come può avvalersi, secondo il suo giudizio clinico, della consulenza di un medico sportivo o di un altro collega specialista nella specifica branca.

I certificati per l’attività non agonistica sono a pagamento? 

Se rilasciati dai medici sportivi sono a pagamento.Se rilasciati dai medici di famiglia o dai pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, sono gratuiti ma solo nei seguenti casi: attività sportive parascolastiche, su richiesta del Dirigente Scolastico, e partecipazione ai Giochi della Gioventù nelle fasi precedenti a quella regionale. Ovviamente la gratuità riguarda la visita e la certificazione, non l'eventuale esame strumentale ECG, il cui costo è a carico del cittadino.

Quanto tempo vale il certificato di idoneità per l’attività non agonistica? 

Ha validità per 1 anno dalla data del rilascio.

Cosa deve scrivere il medico sul certificato che rilascia? 

Deve attestare che, sulla base della visita medica effettuata, nonché del referto del tracciato ECG, il soggetto non presenta controindicazioni in atto alla pratica di attività sportiva non agonistica.Inoltre il medico deve indicare che il certificato ha validità di 1 anno dalla data del rilascio.

A proposito di studenti: per frequentare le ore di educazione fisica è necessario un qualche tipo di certificato medico? 

Assolutamente no. L'educazione fisica è una materia scolastica curriculare e, in quanto tale, la sua frequenza è obbligatoria per tutti gli studenti senza alcuna necessità di certificazione medica.Semmai il certificato medico potrebbe essere necessario nell'ipotesi contraria, cioè per chiedere l'esonero dalla frequenza delle lezioni di educazione fisica, quando lo stato di salute dello studente ne sconsiglia la partecipazione.

Esistono alcune attività fisiche specifiche che impongono una particolare attenzione clinica? 

Sì, quando un soggetto non tesserato ad una società sportiva partecipa a manifestazioni di “particolare ed elevato impegno cardiovascolare” patrocinate da società sportive.Ad esempio: manifestazioni podistiche di lunghezza superiore ai 20 km, granfondo di ciclismo, di nuoto, di sci di fondo o altre tipologie analoghe.In questi casi, il controllo medico deve necessariamente comprendere, oltre alla rilevazione della pressione arteriosa, un elettrocardiogramma basale, uno step test o un test ergometrico con monitoraggio dell’attività cardiaca e altri eventuali accertamenti ritenuti utili e opportuni a giudizio del medico.

Quali medici possono rilasciare questo tipo di certificato? 

I medici specialisti in medicina dello sport presso gli ambulatori della ASL o i centri privati autorizzati o i medici di medicina generale e pediatri, limitatamente ai propri assistiti.

I certificati per attività sportiva di particolare ed elevato impegno cardiovascolare sono a pagamento? 

Sì, con oneri a carico del richiedente.

Quanto tempo vale questo tipo di certificato? 

Ha validità per 1 anno dalla data del rilascio.

Cosa deve scrivere il medico sul certificato che rilascia? 

Deve attestare che, sulla base della visita medica effettuata, dei valori di pressione arteriosa rilevati, nonché del referto degli esami strumentali eseguiti (con indicazione della tipologia e della della data dei vari test ed esami svolti), il soggetto non presenta controindicazioni in atto alla pratica di attività sportiva di particolare ed elevato impegno cardiovascolare di cui all’art. 4 del Decreto Ministeriale 24/04/2013.Inoltre il medico deve indicare che il certificato ha validità di 1 anno dalla data del rilascio.

Parliamo infine dell'attività agonistica. Cos'è esattamente? 

Per attività agonistica si intende quella attività praticata continuativamente, sistematicamente ed esclusivamente in forme organizzate dalle Federazioni sportive nazionali, dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal Ministero dell'Istruzione, per quanto riguarda i Giochi della Gioventù a livello nazionale.Tale attività ha lo scopo di conseguire prestazioni sportive di elevato livello.La qualificazione sportiva agonistica, anche in base ai limiti di età, è stabilita da ogni singola Federazione sportiva e dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.

Cos'è il libretto sanitario sportivo? 

E' il libretto strettamente personale sul quale devono essere annotati i dati dell'atleta e gli estremi delle visite medico-sportive superate.E' un documento indispensabile per l'attività sportiva agonistica, che ogni atleta deve possedere e che deve essere esibito in occasione delle visite medico-sportive.

Chi rilascia il libretto sanitario sportivo? 

I centri di medicina dello sport delle ASL o privati accreditati al momento della prima visita medico-sportiva.

Chi può rilasciare il certificato di idoneità all'attività agonistica? 

Esclusivamente i medici specialisti in medicina dello sport presso i centri pubblici o privati accreditati.

Chi deve richiedere l'idoneità sportiva agonistica? L'atleta o la società sportiva cui appartiene?

La richiesta deve provenire dalla società sportiva e deve essere redatta secondo il modulo regionale. L'atleta si deve presentare al centro di medicina dello sport con tale richiesta e con il suo libretto sanitario sportivo.

Perché non può essere l'atleta stesso a richiedere l'idoneità agonistica? 

Perchè la valutazione del tipo di attività svolta dall'atleta e la qualificazione di tale attività come agonistica o non agonistica, spetta alla società sportiva, sulla base delle determinazioni delle Federazioni sportive nazionali e del CONI.La richiesta a titolo personale da parte del cittadino di idoneità all'attività agonistica è possibile solo per quelle attività che non rientrano sotto l'egida del CONI, come ad esempio quando un soggetto intende partecipare al concorso per allievi ufficiali e deve dimostrare di possedere l'idoneità agonistica.

Come si svolge la visita per attività agonistica? 

Il medico specialista in medicina dello sport deve effettuare personalmente la visita medica, garantendo l'effettuazione di tutti gli accertamenti clinici e di diagnostica strumentale necessari. In altre parole, il giudizio finale di idoneità non può essere disgiunto dalla effettuazione degli atti necessari alla formulazione del giudizio stesso.In particolare deve essere effettuato l'IRI test, sotto il controllo dello specialista e monitoraggio elettrocardiografico. Per tutti gli atleti di età superiore ai 40 anni deve essere eseguito il test da sforzo massimale al cicloergometro o al nastro trasportatore con registrazione del tracciato ECG prima, durante e dopo lo sforzo.La visita può essere integrata da accertamenti, di laboratorio o strumentali, laddove il medico sportivo li ritenga necessari a chiarire eventuali dubbi diagnostici.Infine è dovere del medico sportivo informare l'atleta sui rischi per la salute connessi all'uso di sostanze dopanti.

C'è un limite di età per l'attività agonistica? 

Come detto sopra, spetta alle Federazioni sportive nazionali e al CONI stabilire, per ciascuna disciplina sportiva, i limiti minimi ed eventualmente massimi di età per accedere all'attività agonistica.Per esempio, per il tennis l'età minima per l'attività agonistica è 8 anni; per il calcio, l'atletica leggera e le arti marziali è 12 anni; per il ciclismo 13, per il pugilato 14.

Nel caso di atleti minorenni, serve il consenso dei genitori? 

Certamente sì. Infatti al momento della visita deve essere presente almeno un genitore.

Cosa va scritto sul certificato per l'attività agonistica? 

Una dizione corretta è la seguente: "Si certifica che il Sig. (nome e cognome) è idoneo all'attività sportiva agonistica per la disciplina.....".L'indicazione della specifica disciplina sportiva per il quale viene formulato il giudizio di idoneità per attività agonistica è indispensabile. Pertanto se l'atleta pratica più attività sportive, tutte in maniera agonistica, avrà bisogno di distinti e separati certificati di idoneità, uno per ogni disciplina sportiva agonistica.

Quanto tempo vale il certificato per l'attività agonistica? 

Di norma ha validità di un anno dalla sua emissione, salvo che per alcuni sport per il quale vale due anni (ad esempio per le bocce, il golf).

C'è altro da sapere? 

L'attività motoria e sportiva deve essere valorizzata, in quanto strumento per promuovere corretti stili di vita e benessere igienico-sanitario. Il ruolo del medico, quindi, non deve essere solo quello di puro e semplice "certificatore", ma soprattutto di soggetto fiduciario che è in grado di consigliare, spiegare e suggerire le migliori scelte ai propri assistiti, soprattutto sensibilizzando gli sportivi, in particolar modo quelli più giovani, a evitare le tentazioni del doping.In questo senso, l'opera del medico di famiglia, del pediatra e del medico sportivo è particolarmente utile e preziosa.